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Antonio Murano

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POTENZA – Inizierà il 29 novembre davanti al giudice Marianna Zampoli il processo a carico dell’avvocato di Rionero Antonio Murano, dei figli Donato e Pasquale, pure avvocati, del medico Donato Labella, di un collaboratore di quest’ultimo, Pietro Bellanova, e di un sottufficiale dei carabinieri forestali, Donato Paolino, già assistito dall’avvocato Murano “padre” per un’altra vicenda. Tutti accusati, a vario titolo, di aver prodotto e utilizzato dei certificati medici fasulli per ottenere il rinvio di alcuni processi pendenti a Potenza e in altre sedi giudiziarie.

È quanto stabilito, ieri, dal gip di Potenza, accogliendo la richiesta di giudizio immediato formulata dai pm Giampaolo Robustella e Antonella Mariniello. Una richiesta motivata col convincimento di aver raggiunto l’«evidenza della prova» che la legge richiede per mandare un’accusa a dibattimento saltando il “filtro” dell’udienza preliminare.

A rendere noto il provvedimento del gip è stato il procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, tornando sulla vicenda che a fine marzo è salita alla ribalta nazionale dopo la denuncia dello stesso Murano, e le proteste degli avvocati di tutta Italia, che hanno spinto la procura generale della Corte di cassazione ad avviare accertamenti «in sede predisciplinare» sull’operato dei pm potentini.

Curcio ha indicato in «16 diversi capi di accusa» l’oggetto del processo in partenza, per reati che vanno «dal falso in atto pubblico, al falso per induzione fino alla falsa attestazione in atti destinati alla autorità giudiziaria», in relazione «al rilascio, in occasione di udienze penali, nel corso degli ultimi due anni, di plurimi certificati medici da parte del dottor Donato Labella, medico di base in Rionero in Vulture».

Certificati «tutti» con la medesima diagnosi (“gastroenterite acuta con febbre, astenia intensa, coliche e scariche alviche ricorrenti. Per tale situazione clinica necessita di riposo assoluto ed è impossibilitato a viaggiare per almeno tre giorni s.c”), e «tutti» emessi «in favore dei componenti lo studio legale Murano e di un loro assistito, il maresciallo dei carabinieri forestali, Donato Paolino, imputato di gravi reati contro la pubblica amministrazione innanzi al Tribunale di Potenza, da cui conseguiva il rinvio delle udienze».

«Gli accertamenti svolti da questo ufficio – ha spiegato il procuratore – non venivano avviati, come erroneamente indicato nelle varie segnalazioni e denunce e nelle conseguenti notizie stampa, per la semplice circostanza che l’avvocato Antonio Murano il giorno 24 marzo 2022, aveva depositato innanzi al Tribunale di Potenza un certificato medico in un procedimento penale, richiedendo il rinvio dell’udienza. Risultava, piuttosto, dagli atti processuali, dunque per tabulas, che nel corso dell’ultimo anno, nel medesimo procedimento penale – in cui l’avvocato Antonio Murano assisteva Paolino Donato sottoposto a misure cautelare interdittiva ed imputato di concussione ed altro – nessuna udienza innanzi al Tribunale di Potenza collegio B era stata trattata, ma vi erano sempre stati rinvii. In particolare, emergeva dagli atti che le uniche quattro udienze fissate erano state tutte consecutivamente rinviate per impedimenti, una per Covid e le altre in quanto risultava che, sempre il medesimo medico, il dottor Labella, aveva diagnosticato sempre la medesima malattia (“gastroenterite acuta con febbre, astenia intensa, coliche e scariche alviche ricorrenti. Per tale situazione clinica necessita di riposo assoluto ed è impossibilitato a viaggiare”), sempre con il medesimo decorso (“2/3 giorni”), sempre sottolineando l’assoluta impossibilità a viaggiare del paziente».

«In particolare – prosegue Curcio – tale patologia veniva diagnosticata dal Labella: prima all’avvocato Murano Antonio, poi in successiva udienza, all’imputato Paolino (singolarmente affetto dai medesimi malanni del suo difensore) e, poi, di nuovo, in ulteriore udienza, all’avvocato Murano. Tali malattie si manifestavano nell’avvocato Murano e nel suo assistito sempre e solo a ridosso delle udienze in cui si sarebbe dovuto celebrare il procedimento a carico del Paolino. Non solo: in occasione dell’ultima udienza rinviata – quella del 24 marzo 2022 – e precisamente nei due giorni precedenti, l’avvocato Antonio Murano, così come relazionato dal pm di udienza e confermato poi dal presidente del collegio giudicante e da altri testimoni, prima richiedeva al Tribunale il rinvio assumendo di avere il giorno dell’udienza (il 24 marzo 2022) concomitanti impegni, che tuttavia indicava, ma non documentava, poi richiedeva, sempre informalmente e sempre fuori dalla udienza, al pm designato per la celebrazione del dibattimento in questione, di dare comunque parere favorevole al rinvio, poi ancora – a seguito dell’ovvio diniego del pm ad acconsentire ad un ingiustificato rinvio (correttamente osservava, il pm, che in assenza di idonea documentazione dimostrativa del contestuale impegno professionale del Murano, non era possibile accordare alcun rinvio) – il giorno precedente l’udienza, raggiungeva nelle aule del Tribunale il presidente del collegio e gli riferiva – contrariamente a quanto si è sopra evidenziato – che il pm di udienza gli aveva manifestato il suo parere favorevole al rinvio dell’udienza. Infine, poche ore dopo il suddetto incontro con il presidente, che aveva fermamente risposto al Murano che solo in caso l’impegno professionale concomitante fosse stato da lui documentato avrebbe valutato l’istanza di rinvio (riservando quindi ogni decisione alla udienza del giorno seguente), e, quindi, poche ore prima dell’udienza, veniva confezionato l’ennesimo identico certificato medico del dottor Labella (quello del 24 marzo 2022)».

Il procuratore potentino ha aggiunto, ancora che «nel corso delle indagini, risultavano, di seguito, acquisiti plurimi elementi di accusa – che naturalmente saranno soggetti alla doverosa verifica dibattimentale, ma che allo stato sono stati ritenuti dal giudice la “prova evidente” che la legge richiede per il giudizio immediato – costituiti dai tabulati relativi al traffico telefonico e telematico (entrata/uscita), con indicazione delle celle telefoniche di aggancio (chiamante/chiamato) e contestuale traffico dati telematico delle utenze intestate agli indagati, ritenuti non compatibili con le visite ovvero con il decorso della sempre identica malattia diagnosticata, da alcuni dei certificati da utilizzare o utilizzati per ottenere il rinvio dell’udienza (esattamente due) redatti su carta intestata del dottor Labella, che all’esito della consulenza grafologica, non risultavano redatti e firmati dal Labella, dalla assenza in tutti i casi riscontrati della prescrizione di assunzione di farmaci da alcuno degli imputati “a distanza” e trasmesso “a distanza” dal Labella attraverso mail o messaggistica varia».

Dal 29 novembre, quindi, spetterà al Tribunale stabilire la fondatezza delle accuse mosse dalla procura o, in alternativa, delle denunce del legale rionerese, storicamente vicino anche all’editore e attuale patron del Potenza calcio Donato Macchia. Inclusa quella sulla difformità tra il verbale sommario dell’udienza “incriminata”, in cui si disponeva «con urgenza» la trasmissione in procura del certificato medico sulle condizioni di Murano , per avviare immediate verifiche al riguardo, e quello stenotipico, dove il presidente del Tribunale negava la richiesta in tal senso avanzata dal pm presente in aula, Giuseppe Borriello.

Una difformità non da poco se si considera che proprio «l’urgenza» di quella trasmissione sarebbe stata alla base degli accessi effettuati poche ore dopo dai carabinieri a casa e nello studio di Murano, che è stato anche visitato da un medico incaricato dai pm di sincerarsi della situazione . La vicenda Murano aveva scatenato una reazione particolarmente forte degli avvocati potentini che ad aprile hanno si sono astenuti per 8 giorni dalle udienze in segno di protesta.

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