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Le numerose accuse sulla malapolitica lucana contenute nelle carte in mano ai pm dal sesso ai segreti delle stanze del potere

POTENZA – Almeno altri 29 indagati e una lunga serie di episodi su cui nei prossimi mesi dovranno decidere se avanzare una richiesta di rinvio a giudizio, magari preceduta da misure cautelari, o di archiviazione.

È questo il materiale su cui va avanti il lavoro dei pm del capoluogo nell’ambito dell’inchiesta sulla mala politica lucana. Il sunto è stato appena desecretato tra gli atti a sostegno dell’ordinanza di arresti, più divieti e obblighi di dimora eseguita venerdì scorso. E si può leggere nell’informativa finale trasmessa agli inquirenti, a settembre 2021, dai carabinieri del nucleo investigativo dei carabinieri di Potenza al comando del capitano Mauro Marati.

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: «L’AZZERAMENTO DELLA BELLETTIERI»

Una prima vicenda rimasta a margine dell’ordinanza di misure cautelari eseguita venerdì scorso riguarda l’«azzeramento» di Angela Bellettieri. L’attuale direttore generale reggente in sostituzione del “titolare” Giuseppe Spera, che il gip ha sospeso dai pubblici uffici. A utilizzare l’espressione «azzeramento», stando a quanto riportato dai carabinieri nell’informativa consegnata ai pm a settembre del 2021, sarebbe stato l’allora assessore regionale alla Salute, Rocco Leone.

«Chiamati la Bellettieri (…) dici: “vuoi stare qua o vuoi andare a Melfi” (…) ci sei? Abbiamo azzerato un altro che rompe i coglioni». Queste le parole che Leone avrebbe pronunciato, il 9 gennaio del 2020, parlando nella “dependance” dell’ufficio assessorile con l’allora direttore generale del San Carlo Massimo Barresi. Del tutto ignaro, ovviamente, della presenza delle microspie piazzate dai carabinieri, ma anche della denuncia formalizzata un paio di mesi prima dallo stesso Barresi sulle ingerenze dell’assessore nella gestione del personale del San Carlo.

Le indicazioni fornite da Leone al dg sull’atteggiamento da assume nei confronti di Bellettieri, quindi, sarebbero state riconducibili alla volontà di archiviare le tensioni scatenatesi qualche mese prima con l’estromissione di quest’ultima dalla guida della direzione sanitaria dell’azienda ospedaliera.

«LA RICHIESTA DEL CONSIGLIERE BELLETTIERI»

Il destino professionale di Angela Bellettieri sarebbe stato al centro di un altro scambio di battute intercettato nella “depandance” dell’ufficio di Leone il 10 gennaio 2020, quando il cugino del direttore sanitario del San Carlo, nonché consigliere regionale Gerardo Bellettieri, unito all’assessore anche dalla comune militanza in Forza Italia, gliene avrebbe chiesto conto. Ottenendo in risposta la rassicurazione che quella di «direttore» era comunque «una funzione importante». Un’indicazione quasi certamente riferita al ruolo di direttore di presidio che di fatto ha ricoperto fino al suberto del successore di Barresi, Giuseppe Spera, che a settembre 2020 l’ha rinominata direttore sanitario.

LA RIMOZIONE «DELLA POSTIGLIONE»

Ai militari del Nucleo investigativo di Potenza non è sfuggita un’ulteriore conversazione intercettata dalla microspia piazzata nella stampante dell’ufficio di Leone, il 7 febbraio 2020, da cui emergerebbe quanto l’ex dg del San Carlo fosse «ormai soggiogato dalle logiche impostegli», vendendo «incalzato in merito al licenziamento di una neo-nominata».

Il riferimento è alla discussa nomina come sua portavoce, una settimana prima, di Palma Ida Tortorelli, madre del patron di Radio Potenza Centrale ed editore della testata di informazione digitale Cronache lucane, Giuseppe Postiglione. Una nomina, quest’ultima, che sarebbe stata giudicata inopportuna da una parte importante della maggioranza regionale, e che Barresi avrebbe difeso spiegando di aver seguito un’indicazione del segretario del governatore Vito Bardi, Mario Araneo, secondo le «direttive» dello stesso Bardi («Io quando parlo con il Presidente e mi dà delle direttive, io le devo seguire, se mi dice l’assessore “devi parlare con… con il mio segretario”»).

«LA LISTA MOLES»

«L’immagine del malaffare sulla gestione della sanità pubblica lucana, con la preponderante gestione politica – si legge ancora nell’informativa dei carabinieri -, veniva documentata in occasione di un “incontro a tre” tra l’assessore Rocco Luigi Leone, il senatore Giuseppe Rocco Moles e il Consigliere della Regione Basilicata Gerardo Bellettieri, avvenuto in data 10 gennaio 2020, alle ore 11.43, all’interno del monitorato ufficio dello stesso Leone».

Nel dialogo a tre tra Leone, Bellettieri e il sottosegretario lucano, infatti, i militari avrebbero sentito in maniera nitida quest’ultimo motivare la necessità di affrontare certe tematiche, perché «i voti servono un po’ a tutti noi…», e l’assessore rassicurarlo dicendogli di aver messo un suo «amico» all’Asm, che poi identifica nell’attuale direttore sanitario «Pino Magno».

Bellettieri, invece, avrebbe colto la palla al balzo per chiedere al segretario di Leone di convocare a stretto giro il dg del San Carlo, Barresi, e sottoporgli la situazione di una «ragazza, che aveva chiesto la mobilità».

A questo punto, però, sarebbe intervenuto Moles per chiedere lumi sulla «cacciata» di Barresi, e Leone gli avrebbe chiesto di pazientare, dal momento che «nella sua… nella sua ciuotagine (stupidità, ndr), perché è un incapace… (…) è comunque un elemento di rottura per certi equilibri, per cui io, per un po’ me lo vorrei tenere…».

LE SISTEMAZIONI “DISPONIBILI”

A seguire il sottosegretario avrebbe elencato all’assessore «le diverse sistemazioni» auspicabili per gli amici loro, da intendersi come amici «di Forza Italia». A partire da uno dei presidi periferici del San Carlo, l’ospedale di Melfi, dove c’era da scegliere il nuovo primario di ostetricia e ginecologia. Una postazione per cui Moles suggerisce di vagliare, all’interno della terna dei papabili, il barlettano Michele Ardito, segnalatogli dal suo «equivalente» pugliese, vale a dire il coordinatore di Forza Italia Puglia, Mauro D’Attis.

«Siccome io non lo conosco, è vero che è amico nostro, quando dico nostro, dico… di Forza Italia e così via, però a un certo punto questo, se deve essere preso come terzo, sai… lo dobbiamo vedere, lo devi vedere, lo devi conoscere». Spiega il coordinatore. «Io ho apprezzato il fatto che quando è stato messo nella terna, non mi hanno detto nulla, proprio non mi hanno detto nulla, adesso… gli hanno detto… Ardito ha detto a co… a D’Attis, che ha detto a me… eh… (…) Però a questo punto… mi informo di chi cazzo è».
Ardito sarebbe stato effettivamente nominato agli inizi di agosto del 2020, con uno degli ultimi atti compiuti da Barresi prima dell’annullamento della sua nomina da parte del Tar, e il subentro al suo posto di Spera.

«GLI ORDINI DA ROMA E LE DIRETTIVE DI GIANNI LETTA»

Nel prosieguo della discussione Moles, Leone e Bellettieri avrebbero affrontato le questioni del centro oncologico regionale di Rionero (Crob). Quindi l’assessore avrebbe spiegato che l’allora direttore generale del Dipartimento sanità, Ernesto Esposito, aveva già individuato un sostituto per il direttore generale facente funzioni, Cristiana Mecca, in «uno forte» e «vicino» a loro. Per di più caldeggiato da uno dei consiglieri più stretti di Silvio Berlusconi come il suo ex sottosegretario Gianni Letta.

Un discorso simile sarebbe stato fatto, poi, per la nomina a direttore sanitario, con Moles a suggerire il nome del filianese Giuseppe Martinelli.

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: «I VOTI DEL DON UVA»

Altro argomento “caldo” affrontato dai tre forzisti sarebbe stato, ancora, quello su un complesso sanitario privato come quello del Don Uva di Potenza, e il controllo dei voti di lavoratori e familiari di lavoratori della struttura. Con le considerazioni di Moles sul progressivo allentarsi della presa “elettorale” di un punto di riferimento all’interno della struttura, come il direttore amministrativo Roberto Galante, peraltro avvicinatosi alla Lega. Mentre Leone rivendica di di essere riuscito a fare ottenere un posto di lavoro alla sorella di un suo fedelissimo di Policoro, Imma Iannella.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI INDIRIZZO DEL CROB

La questione delle raccomandazioni di Letta per il Crob di Rionero rispunta nelle trascrizioni di alcune telefonate intercorse a fine febbraio tra Bellettieri e Leone, in cui viene fatto per la prima volta, esplicitamente, il nome di «Petrella», poi identificato dai carabinieri in Giuseppe Petrella, docente dell’università di Tor Vergata, nominato quello stesso giorno nel consiglio di indirizzo dell’istituto.

«LA CONFAGRICOLTURA E I FRATELLI PITTELLA»

Attraverso le microspie nell’ufficio di Leone, ad ogni modo, gli investigatori non avrebbero sentito soltanto discorsi su questioni sanitarie.
Il 16 gennaio del 2020, ad esempio, sarebbe stato registrato lo sfogo di un noto imprenditore agricolo come Marcello Di Ciommo (non indagato, ndr) sulle «porcherie» che avrebbe compiuto Coldiretti egemonizzando l’Associazione regionale degli allevatori e il Consorzio di bonifica. Mentre il presidente di Confagricoltura, Francesco Battifarano (non indagato, ndr), lascerebbe «campo libero» al direttore, Roberto Viscido, definito un «galoppino di Gianni Pittella» e il motivo per cui «se ne sono andati mille e cinquecento soci».

Di Ciommo spiega – e i carabinieri annotano – anche i motivi alla base di questo presunto sposalizio politico, che andrebbero rintracciati nel soccorso offerto da Pittella e dal Pd al presidente nazionale di Confagricoltura. Rispetto al risanamento delle casse di un istituto di credito emiliano.

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: LA NOMINA DI LABIANCA

«L’assessore Leone, decideva, arbitrariamente, i trasferimenti del personale Asp, Asm e dell’Azienda Ospedaliera “San Carlo” nonché le promozioni ad incarichi dirigenziali».

Così ancora nell’informativa dei carabinieri sul trasferimento al Dipartimento salute di Michele Labianca, poi incaricato come capo della task force coronavirus, preparato “a tavolino” con l’assessore dopo le lamentele dell’interessato per la sua condizione lavorativa all’Asm («Io muoio, nell’Asm non ci voglio stare più dottore (…) mi stanno a crepare in corpo»).

I “PANNI SPORCHI LAVATI IN FAMIGLIA” E L’OMESSA DENUNCIA DELLA SILEO

Un capitolo a parte dell’informativa dei militari riguarda, poi, le parole pronunciate il 21 febbraio 2020 nell’ufficio di Leone dalla consigliera regionale Dina Sileo (prima Lega e poi gruppo Misto), che avrebbe messo in guardia l’assessore sull’operato di Barresi dopo alcune rivelazioni attribuite alla «direttora amministrativa», che «ha sentito puzza di bruciato e si vuol salvare», su «una serie di operazioni da manette».

«Se queste cose vanno all’orecchio della magistratura zompiamo in aria». Queste le parole di Sileo registrate dalle microspie assieme alla proposta all’assessore di organizzargli un incontro con «la direttora» per avere la «prova provata» di quanto riferito e assumere l’auspicata decisione di rimuovere Barresi dal suo ruolo.

«LA “SOCIETÀ SEGRETA” DELLA REGIONE BASILICATA»

I carabinieri hanno messo a fuoco anche un altro discorso particolarmente suggestivo pronunciato da Sileo nell’ufficio di Barresi, riferendosi alla presunta consuetudine dell’ex governatore Marcello Pittella di incontrarsi «nei sotterranei» della Regione col suo «staff», a mo’ di «carbonari», in orari insoliti come le «14».

L’ASSUNZIONE DELLA “NUORA” DEL DEPUTATO CASINO

Il resoconto del Nucleo investigativo ai pm prosegue con la ricostruzione della vicenda della presunta «sistemazione» della fidanzata del figlio dell’ex deputato forzista Michele Casino, Nicola (non indagato, ndr), identificata nell’avvocato Federica Lomuto (non indagata, ndr), commentata a fine febbraio 2020 da Leone e dal consigliere regionale Giovanni Vizziello, in relazione alle imminenti elezioni comunali di Matera. «Sistemazione» ricondotta alla designazione di Lomuto come membro del Corecom, avvenuta nell’autunno del 2019.

«LA LISTA CUPPARO»

«Analogamente» a quanto avvenuto in precedenza con Moles, poi, i militari hanno avuto modo di annotare, agli inizi di marzo 2020, una serie di richieste di vario tipo perorate davanti all’assessore alla Sanità dal collega assessore alle Attività produttive, Franco Cupparo. Dalle convenzione con un oculista, alla destituzione del capo del dipartimento materno infantile del San Carlo, Sergio Schettini, alla designazione del nuovo primario di chirurgia vascolare, sempre del San Carlo.

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: IL PIZZINO DELL’ASSESSORE

Le sponsorizzazioni di Cupparo sarebbero riemerse a fine ottobre 2020 quando Leone è stato registrato mentre riferiva a una persona non identificata quanto accaduto qualche giorno prima, sempre a portata di microspia, con la richiesta di stabilizzazione della sorella del suo veterinario.

«L’assessore Leone – annotano i carabinieri – esordiva all’indirizzo dell’uomo non meglio identificato, compiacendosi di fatto del proprio operato,(…) e illustrava le discutibili “modalità” realizzate dal collega Cupparo al fine di presentare il proprio sponsorizzato (“…e se ne viene con un bigliettino, – omissis -”, fornendo, così, i dettagli di un’azione, di una “norma” equiparabile a si quella dei “pizzini” per dare informazioni o impartire direttive». Proposta a cui Leone avrebbe risposto dicendogli: «Franco, basta un raccomandato in famiglia, il fratello ha vinto il concorso anche se non era il più bravo… in passato e, già fa il veterinario … questi… che hanno fatto? Per non farle fare il concorso… vogliono dare… a sei mesi a sei mesi, ha quasi raggiunto i tre anni per essere stabilizzata…»

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: L’ASSESSORE MERRA, IL CONSIGLIERE ZULLINO E “L’AFFARE DELLE MASCHERINE”

Altra vicenda molto particolare ricostruita dai carabinieri riguarda un possibile tentativo di intercessione dell’assessore alle Infrastrutture, Donatella Merra, e del consigliere regionale Massimo Zullino, a favore di un imprenditore, poi identificato nel lavellese Antonio Liseno (non indagato, ndr), che sarebbe stato pronto a regalare un quantitativo di mascherine alla Regione, se da via Verrastro avessero emesso un ordinativo fasullo che a lui sarebbe servito per evitare il blocco in aeroporto di una fornitura in arrivo dall’estero.

IL CONSIGLIERE QUARTO E LA RACCOMANDAZIONE DELL’INFERMIERA

«Il giorno 7 ottobre 2020 – si legge ancora nell’informativa -, veniva infatti documentata l’ennesima richiesta di una promozione in favore di persona raccomandata, dimostrando ancora una volta, come nella sanità lucana, la discriminante per aver accesso a determinate posizioni nell’ambito sanitario, finisce col ridursi a “conoscenza” del politico di turno. Questa era la volta del consigliere Piergiorgio Quarto. Costui si era rivolto all’assessore regionale alla Sanità per raccomandare l’infermiera – omissis -, un approccio clientelare che fa parte ormai del sistema sanitario lucano».

L’ EX-SENATORE TADDEI E GLI INCARICHI “AD PERSONAM”

Un capitolo a parte, invece, è stato assegnato alla «politica di consolidamento del potere svolta dai partiti al governo regionale lucano, con l’assegnazione ai propri “amici” elettori, di posti chiave nell’amministrazione centrale e nei vari enti economici e finanziari». Con i consigli, bene accetti, di un ex senatore come Vincenzo Taddei. Questi a novembre del 2020 avrebbe edotto l’assessore, sempre nel suo ufficio, sulle doverose ingerenze da consumare nei confronti dei dirigenti messi al vertice di strutture regionali come il San Carlo.

«Non basta nominare delle persone… dobbiamo andare sulla gestione!» Queste le parole di Taddei. «Cioè, faccio un esempio: no? …tu Spera te lo devi chiamare! quanto meno gli devi dire: “uagliò (ndr, ragazzo)… eh… eh… quando dai gli incarichi «ad personam»”… devi dirgli: “tu devi farti sentire con me” … Cioè tu dai incarico a avvocati, tecnici (…) lui si deve rapportare con noi, non so se mi sono spiegato… altrimenti… (…) ha dato… senti, ha dato degli incarichi a… l’avvocato – omissis, ndr -, che non sta con noi… saranno amici? Cioè io capisco pure, ci deve essere anche la quota sua… eccetera… non so se mi sono spiegato, però… ‘ste cose me le devi dire tu (…) io ci ho una serie di professionisti…»

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: TADDEI, PAGLIUCA E IL “SOTTOGOVERNO REGIONALE”

Gli investigatori avrebbero riconosciuto la voce di Taddei (non indagato, ndr) anche a settembre del 2020 negli audio registrati dalla microspia piazzata dall’auto del capogruppo azzurro in Consiglio regionale, Francesco Piro. Audio dai quali emergerebbe «l’attività illecita dei partiti del governo regionale volta all’accaparramento di cariche direttive pubbliche o delle aziende controllate dallo Stato, per influenzare a proprio favore il funzionamento della pubblica amministrazione».

«Noi… – queste le parole attribuite a Taddei – alle comunali di Potenza …teniamo un accordo tra me e Nicola (Pagliuca – non indagato ndr)… tutti i consiglieri comunali sono amici nostri (…) Ma lo stesso Camillo Naborre (amministratore unico della società comunale dei rifiuti, Acta – non indagato ndr) è un altro che… (…) Moles, pensa che hanno messo un uomo suo là! … non ha capito proprio niente (…) Camillo è uno di quelli che la pensa come a noi… punto!»

«Noi – aggiunge ancora l’ex senatore – ci dobbiamo concentrare perché ci dobbiamo tenere in mano la Regione France’ (…) là è il nostro futuro! …dopodiché noi… puntiam’, io e Fra’… io e lui (Pagliuca, ndr) puntiamo al sottogoverno regionale (…) parliamoci chiaro, voi avete tutto il resto! Consiglieri regionali, assessori, presidente, fate che “cazzo volete”. Parliamoci chiaro… (…) Noi non siamo utilizzabili in questi ruoli».

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: L’INGERENZA DI PITTELLA SU SPERA

A ingerirsi nell’amministrazione della cosa pubblica, ad ogni modo, non sarebbero stati soltanto gli esponenti del nuovo potere regionale di centrodestra. Almeno stando a quanto ricostruito dai carabinieri.
A fine ottobre del 2020, infatti, i militari hanno ascotato alcuni dialoghi molto particolari in cui l’ex governatore e attuale consigliere regionale Marcello Pittella, chiede all’allora commissario del San Carlo, Spera, di renderlo edotto sulle «scelte più significative» che andrà ad assumere. «Al fine di evitare “incomprensioni” – traducono i carabinieri – che potrebbero portare il consigliere Pittella a “colpire alla cieca” venendo a minare anche i “rapporti di stima” che evidentemente i due hanno».

In seguito all’incontro di Pittella con Spera gli investigatori hanno registrato anche alcuni contatti tra quest’ultimo e il capogruppo azzurro Piro, che sarebbe venuto a sapere – da sue fonti – dell’accaduto e ne avrebbe chiesto conto al commissario.

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: L’OSPEDALE DI LAGONEGRO E LA RISTRUTTURAZIONE A SPERANZA

«L’esistenza di interessi privati legati alla costruzione del nuovo ospedale di Lagonegro, emergeva in maniera evidente, già agli albori dell’attività investigativa posta in essere da questo comando».

Così l’incipit del capitolo dell’informativa dei carabnieri dedicato al progetto del nuovo nosocomio valnocino. «Difatti si accertava che tra i diversi esponenti di spicco del panorama politico regionale e nazionale tra cui, il consigliere regionale Francesco Piro, il sindaco di Lagonegro Maria Di Lascio, il dg dell’Azienda ospedaliera regionale San Carlo di Potenza Giuseppe Spera, il senatore Salvatore Margiotta, il Ministro della Salute Roberto Speranza (non indagato, ndr) e l’assessore alla sanità della Regione Basilicata Rocco Luigi Leone, esisteva una comunione di intenti finalizzata al raggiungimento di scopi personali attraverso la costruzione dell’opera pubblica».

«Francesco Piro – sottolineano gli investigatori – vantava nei confronti di Giuseppe Spera l’impegno profuso affinché divenisse prima commissario, e poi dg dell’azienda ospedaliera regionale San Carlo di Potenza, mentre nei confronti del Ministro ella Salute Speranza, Francesco Piro oltre a vantare il rapporto di amicizia, poteva estendere la sua influenza anche nei confronti del medesimo considerato che, come da lui più volte sottolineato, ha eseguito dei lavori di ristrutturazione al Ministro rimettendoci 30 mila euro».

IL RAPPORTO DIRETTO TRA IL MINISTRO E IL CONSIGLIERE REGIONALE

Millanterie? Di certo non quelle su un rapporto diretto tra il ministro e il consigliere regionale in carcere da venerdì scorso, che sono stati intercettati in una breve telefonata a maggio del 2020.

«France’ ti devo richiamare…»
Così Speranza avrebbe provato a liquidare Piro.
Al che quest’ultimo lo avrebbe incalzato con parole suadenti («ma solo per sapere come stai… so’ che non siamo più amici, però almeno…») ottenendo in risposta la promessa di essere richiamato («e no, no! Siamo sempre amici ma.. umh… sono… sono una cosa e ti richiamo io…).

«A confermare quanto sostenuto nella premessa del presente paragrafo – proseguono i carabinieri -, l’amicizia di Francesco Piro con il ministro Roberto Speranza discerne essere di fondamentale importanza per il consigliere regionale in quanto gli consente di poter interagire con “vip” del panorama politico nazionale».

Di fatto in un’intercettazione di ottobre del 2020 Piro avrebbe anche confidato all’amico avvocato Giuseppe Sabella il possibile utilizzo di una simile amicizia altolocata ipotizzando di ostacolare l’operato del Procuratore capo di Lagonegro, Gianfranco Donadio, attraverso l’invio di una “ispezione” del Ministero della Giustizia.

«Per fare ciò – annotano i militari -, entrambi convenivano che il miglior modo per attuare tale strategia sarebbe stato attraverso l’intercessione di alcuni parlamentari, tra cui, oltre a Moles e Gasparri (Maurizio, dirigente nazionale di Forza Italia – non indagato, ndr), citavano proprio il ministro della Salute Roberto Speranza».

Il tutto secondo una logica, esplicitata dal capogruppo azzurro a un amico a gennaio del 2021, per cui: «io mi sono messo a disposizione c’ho rimesso trentamila euro, quindi mo’ mi serve una mano a me e, me la dai».

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: IL RUOLO DI VITO DI LASCIO

Nell’informativa dei carabinieri c’è spazio anche per Vito Di Lascio, fratello della sindaca di Lagonegro, Maria, dirigente del Comune di Potenza ed ex assessore provinciale del Pd, poi transitato nel centrodestra. A partire dal suo ruolo proprio nell’elezione a sindaco della sorella.

«La fervente collaborazione del Vito Di Lascio a favore dell’attività di propaganda politica della di lui sorella Maria – scrivono gli investigatori -, era finalizzata, in primis, a esaudire il forte impulso volitivo di quest’ultima diretto al “dominio” della conduzione della res pubblica lagonegrese e, altresì, a produrre l’ambito cambiamento del palcoscenico politico locale. Ma sostanziale ragionevole conseguenza di tal partecipazione viscerale è la consapevolezza del Vito Di Lascio di perseguire un proprio “profitto personale” derivante dal successo della germana Maria la quale, fisiologicamente, si è già posta in una condizione di “scambio” con il fratello».
A maggio del 2020, però, i militari hanno registrato una conversazione che ha segnato una svolta inattesa nelle indagini.

Da un un’intercettazione telefonica, infatti, è emerso il tentativo di Maria Di Lascio di fare ottenere al fratello «il desiderato “successo professionale”. Ovvero un posto da dirigente amministrativo/contabile nel Comune di Potenza», sfruttando il debole manifestato da un dirigente della Regione, l’ex capo ufficio stampa di via Verrastro, Massimo Calenda, nei confronti di una giovane collaboratrice del “loro” sodale e referente in Consiglio regionale, Francesco Piro.

A fine dicembre del 2020 Di Lascio, all’epoca ancora in servizio come semplice funzionario del Consiglio regionale, sarebbe stato effettivamente inserito nell’organico del Comune di Potenza come dirigente. E un attimo dopo sono state registrate le prime conversazioni inerenti un suo possibile ritorno in Regione con i nuovi “gradi”.

MALAPOLITICA LUCANA, LE ALTRE ACCUSE: LA CONCUSSIONE SESSUALE DI MASSIMO CALENDA

Nel finale l’informativa dei carabinieri del Nucleo investigativo di Potenza si sofferma su un’ipotesi di concussione sessuale a carico di Calenda. Ipotesi ricavata dalla vicenda accennata dalla collaboratrice di Piro all’allora soltanto aspirante sindaca di Lagonegro.

In un’intercettazione di maggio 2020, infatti, Maria Di Lascio avrebbe suggerito all’amica «un’operazione di fino» con l’ex capo ufficio stampa di via Verrastro, rappresentandogli chiaramente quello che intendeva ottenere, ma evitando ogni volta di trovarsi da sola con lui.

Dopo la possibile intercessione di Calenda per la carriera di Vito Di Lascio, quindi, l’obiettivo si sarebbe spostato su possibili sbocchi professionali per lei in persona. Anche se con Piro, consapevole di tutto quanto stava accadendo, ci sarebbe stata una divergenza di vedute sull’opportunità di dare o meno soddisfazione agli slanci sessuali del suo spasimante.

… “È UNA CAMBIALE”

«E’ una cambiale – spiega la donna in un dialogo telefonico con Maria Di Lascio intercettato dai carabinieri – che si deve pagare Francesco, che non mi devo pagare io. Nemmeno Francesco può immaginare… come quando mi disse: “va be’… ma vacci a Roma, che mo’ ci stai una sera, che ti cambia?”»
«I benefici offerti alla – omissis – da Massimo Calenda in cambio di favori sessuali – chiosano gli investigatori – emergono nella conversazione telefonica del 07 luglio 2020 tra la stessa – omissis – e Maria Di Lascio.

Durante la chiamata la – omissis -riferisce all’interlocutrice che ha “appurato che” Calenda nonostante le sue conoscenze personali in Rai, “vende chiacchiere e il suo obiettivo e quello di portarmi a letto…”.

Racconta infatti, “Ho sentito Angelo”, Mellone, capostruttura di Rai1 (non indagato, ndr), responsabile del programma televisivo “Linea verde”, il quale in merito ad in un incarico per la Rai prospetta “la soluzione che mi piace di più e che mette a te di meno nella condizione che questo possa pretendere altro”, perché “Calenda… gli ha fatto capire che praticamente: “fammi sta cortesia perché a questa me la scopo”».

In seguito la collaboratrice di Piro avrebbe effettivamente ottenuto l’agognato «incarico» per la Rai. Subito dopo ha ricevuto una richiesta di Calenda di vedersi «ovviamente non a Potenza».

Al che la donna si sarebbe confidata nuovamente con la sindaca di Lagonegro.
«Questo vuole essere pagato il conto Mariu’», avrebbe commentato con l’amica Di Lascio, per poi anticiparle l’intenzione di non accondiscendere alle richieste del giornalista. «Io non gli do niente non gliela do la mi patatina e, non gli do neanche la mia bocca».

Le numerose accuse sulla malapolitica lucana contenute nelle carte in mano ai pm dal sesso ai segreti delle stanze del potere

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