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Il tribunale di Potenza

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Regge l’accusa di corruzione per l’avvocato potentino De Bonis e il capo della sezione “I” delle Fiamme gialle D’Apolito entrambi condannati

POTENZA – L’avvocato Raffaele De Bonis Cristalli ha corrotto l’ex responsabile della sezione di “intelligence” del comando regionale della Guardia di finanza, Paolo D’Apolito. È quanto ha stabilito, ieri, il collegio del Tribunale di Potenza presieduto da Valentina Rossi condannando l’anziano legale potentino a 3 anni di reclusione e l’amico maresciallo a 3 anni, 5 mesi e 10 giorni.

I giudici hanno accolto solo in parte le richieste avanzate a febbraio del pm Giuseppe Borriello che aveva indicato in 4 anni e 6 mesi di reclusione la pena da infliggere all’avvocato e in 5 anni e 3 mesi quella per il finanziere. Ritenute insussistenti, infatti, le contestazioni per un’ipotesi di corruzione in atti giudiziari legata al presunto acquisto da parte di De Bonis, al prezzo di 10mila euro pagati in più tranche, di informazioni riservate nella disponibilità di D’Apolito.

In particolare sull’esito di una denuncia presentata dallo stesso avvocato contro alcuni intermediari incaricati di far rientrare in Italia, con lo scudo fiscale, gli interessi sulla somma di un milione di euro che l’avvocato avrebbe depositato anni addietro in un conto in Svizzera.

CONDANNATI MA CON ACCUSE RIDIMENSIONATE DE BONIS E D’APOLITO

Il collegio ha ritenuto parimenti infondate, poi, le accuse sul presunto dossieraggio ai danni dell’allora candidato governatore Vito Bardi, osteggiato politicamente da De Bonis, da parte della sezione guidata da D’Apolito. Dossieraggio ipotizzato in seguito a un dialogo captato dalle microspie piazzate nello studio dell’avvocato in cui il luogotenente avrebbe accennato a servizi di osservazione mirati disposti da un non meglio precisato «generale» nei dintorni della villa di Filiano e a Napoli, dove Bardi, già comandante generale in seconda proprio della Guardia di finanza, risiede quando non è in Basilicata per motivi istituzionali.

Rispetto a queste contestazioni, in realtà, anche il pm aveva fatto dietrofront. Quindi il collegio avrebbe rivisto al ribasso le pene per una residua contestazione di corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo alla banca dati riservata delle Fiamme gialle, a seguito delle arringhe dei difensori: gli avvocati Massimo Biffa e Leonardo Pace per De Bonis, e Donatello Cimadomo e Angela Pignatari per D’Apolito. Contestazione che sarebbe ruotata sulle informazioni raccolte da D’Apolito e trasmesse a De Bonis sulla situazione patrimoniale della figlia del legale. Il tutto in cambio di 10mila euro che l’avvocato avrebbe consegnato al finanziere.

PER LA DIFESA IL RAPPORTO ERA «AL DI FUORI DI UNO SCHEMA CRIMINALE»

A margine della lettura del verdetto l’avvocato Pace ha ribadito la convinzione che il rapporto tra il suo assistito e D’Apolito fosse da intendersi «al di fuori di uno schema criminale». Quanto a un possibile ricorso in Corte d’appello si è riservato una valutazione dopo il deposito delle motivazioni del verdetto, previsto entro 90 giorni.

A ottobre del 2019 l’inchiesta della squadra mobile di Potenza sul presunto sistema di «collusioni fra pubbliche amministrazioni, professionisti e imprenditori», che sarebbe ruotato attorno all’anziano civilista aveva portato agli arresti domiciliari per lui, l’amico finanziere e lo storico segretario dell’ex governatore Marcello Pittella, Biagio Di Lascio. A distanza di tre settimane, però, il Riesame ha annullato la misura cautelare nei confronti di Di Lascio, e la sua posizione è stata stralciata da quella dei primi due.

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