X
<
>

Michele Lacentra

Condividi:
5 minuti per la lettura

POTENZA – Michele Lacentra – lo chef di origini lucane che ha deciso di rimanere in Ucraina nonostante i venti di guerra e gli inviti delle autorità italiane a tornare – risolve innanzitutto un busillis che divide giornalisti, commentatori, opinionisti: si dice Ucràina o Ucraìna? La soluzione alla fine dell’intervista (realizzata su Facebook nel giorno di San Valentino) a questo 53enne che da anni vive a Kiev, la capitale della nazione minacciata di invasione da parte della Russia.

Lacentra, sposato con l’ucraina Kateryna, ha radici in Basilicata, per la precisione a Maschito, comune da cui partirono molto tempo fa i genitori Antonio Lacentra (che non c’è più) e Luisella Giuralarocca. Sono tanti gli argomenti di cui parla: le origini, la formazione, la famiglia. Con una certezza per ora assoluta: «Resto qui».

Nelle ultime ore è cambiato qualcosa nella percezione generale della situazione?

«Come situazione in città no, è tutto come al solito. Bella e viva come la solita Kiev. Le notizie che arrivano invece sono più preoccupanti»

Come si trova a Kiev?

«Benissimo, amo questa città, è una capitale europea e non ha niente da invidiare alle altre capitali: moderna, viva di giorno e di notte, piena di opportunità da cogliere. Se si vogliono cogliere, ovviamente. Certo, sapere un po’ la lingua aiuta, comunque conosco italiani e stranieri che vivono qui da anni e parlano solo l’inglese».

Lei ha imparato la lingua locale?

«Il russo. L’ucraino lo capisco abbastanza. Sono un po’ diverse come lingue: come dire italiano e spagnolo. Ma il russo ti permette di comunicare con tutto l’Est Europa. L’ucraino è solo locale».

Come ha deciso di andare a lavorare proprio là?

«Mi sono innamorato subito della città, già la prima volta nel 2009. Non so spiegare il perché, mi sono sentito come a casa da subito. Nonostante le molte differenze dall’Italia».

Quindi ci lavora dal 2009?

«No, da sei anni e mezzo. Volevo trasferirmi prima ma era scoppiata la rivolta di Maidan (violente proteste scoppiate a Kiev il 21 novembre 2013 contro il governo ucraino che aveva interrotto l’iter per un accordo di associazione e libero scambio con l’Unione europea, ndr)».

Qual è la sua formazione?

«Io sono odontotecnico».

Esercita ancora?

«Tutta la vita ho fatto quello e lo faccio ancora qualche mattina».

E dove lavora da odontotecnico?

«Prima in provincia di Vicenza, ora in un laboratorio e ho come clienti due piccole cliniche. Ma non basta, perché il lavoro era calato molto causa Covid e situazione attuale».

E il suo impegno da cuoco?

«La cucina era un hobby. Grazie alla mamma lucana».

Quindi se non è ai fornelli, di quando in quando, aggiusta le bocche degli ucraini?

«Esatto».

Come è cominciata l’avventura da cuoco?

«Dall’inizio del Covid avevo già iniziato per via dei vari lockdown a fare consegne a casa di lasagne, ragù, tiramisù, risotto, paella».

Lavorava ai fornelli domestici?

«Sì, cucinavo a casa e consegnavo».

Insomma, era già bravo a cucinare da anni. E poi?

«Poi mi hanno contattato degli amici siciliani perché aprivano un ristorante, “Il siciliano”, e mi hanno voluto come cuoco. E ora sono qua ai fornelli».

Avevano già provato qualche suo manicaretto?

«Sì, ma a tempo perso. Ho lavorato anche in pizzeria in provincia di Vicenza. Mio fratello Elia (che ora è “area manager” nel campo dell’alluminio in tutto l’est Europa) era e a tempo perso è ancora un bravissimo pizzaiolo».

Quali sono le sue specialità?

«Lasagne, ragù, risotti e tiramisù sono i miei piatti forti. E la pizza in teglia».

Ha portato anche qualche specialità lucana al “Siciliano”?

«Non ancora, purtroppo. Mi piacerebbe. Siamo aperti solo dal primo dicembre, del resto».

Ha ancora parenti in Basilicata?

«Sì, molti. Zii, cugini, anche a Lavello. Ma la maggior parte a Maschito».

Viene di quando in quando in Basilicata?

«Sono stato un anno e mezzo fa, mia madre ha mantenuto la casa dei nonni. Non torno spesso in Italia da quando sono qui, due o tre volte l’anno e solo nei weekend Ma le mie radici sono lucane».

Ci tiene molto?

«Certo che ci tengo, come tengo al Veneto nonostante le grandi differenze».

Lei è nato in Svizzera e poi ha lavorato in Veneto, giusto?

«I miei si sono trasferiti in Veneto quando avevo 6 anni. Ho sempre vissuto in varie città in provincia di Vicenza dalla prima elementare fino a sei anni fa».

Torniamo alle notizie che arrivano a Kiev cui accennava all’inizio.

«Dicono che potrebbe succedere qualcosa nel giro di 2/3 giorni. Non so cosa, qualche scontro solo nelle zone di confine o anche a Kiev».

E lei è sempre determinato a rimanere?

«Sì, certo. Come molti altri italiani che vivono qui»

Qual è la motivazione profonda per cui vuole restare in Ucraina nonostante le notizie di una possibile guerra?

«Ho tutto qui, non mi muovo se non costretto».

Avverte paura nei cittadini, nei vicini di casa, negli amici, nei clienti del ristorante?

«Alcuni sono andati via, ma la maggior parte sono qui. Forse i più tranquilli sono gli ucraini, sono abituati a queste tensioni. Noi italiani non tanto».

Avete molte prenotazioni per San Valentino?

«Non molte perché siamo partiti tardi con la pubblicità. Però abbiamo avuto clienti tutto il giorno, per fortuna. Vedremo».

Cosa cucinerà?

«Abbiamo della pasta al salmone, lasagne, filetto di merluzzo, scaloppine all’arancia, bruschette, arancini siciliani. Per dolci tiramisù e cannoli siciliani».

Risolva se può un dubbio: su “Ucraina” dove cade l’accento?

«L’accento va sulla “i”: Ucraìna».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE