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POTENZA – Canio passa le sue giornate seduto accanto alla sua Anna. E’ così da sei anni, da quando sua moglie, malata di Alzheimer, si è pian piano allontanata dalla realtà. Anche se ultimamente è diverso: c’è l’angoscia di perdere la casa e non sapere dove portare la sua amata.
Anna ora è immobile in un letto, non parla e non interagisce con nessuno. «A me basterebbe – dice Canio con le lacrime trattenute a stento – che mi parlasse un attimo, anche solo con gli occhi». Giornate intere così, a prendersi cura «del mio giglio, è la madre dei miei figli, l’ho scelta e l’ho voluta, come potrei lasciarla ora?». Così si prende cura di lei con tutto l’amore che può: la lava, la cambia, la pettina e la sistema: «Non potrei mai neanche guardarla, un’altra donna», dice mentre parla del suo grande amore come raramente si sente parlare.


Canio Larocca ha 66 anni, 36 dei quali passati in un prefabbricato a Bucaletto.
«A me il prefabbricato è stato assegnato in maniera regolare – spiega -non ho fatto occupazioni abusive». E mostra il verbale di consegna, datato 6 giugno 1985, come prova che tutto sia legittimo.
«A me la porta è stata aperta da un vigile urbano, prima stavamo in viale del Basento. Però il fiume si alzava e, con la casa allagata, ci hanno dato lo sfratto. Così ho chiesto una casa popolare al sindaco, che allora era Fierro». Canio Larocca lavorava in un’impresa di pulizia alla stazione ferroviaria, con moglie e due figli piccoli. E poco dopo è arrivata l’assegnazione del prefabbricato, un modulo da una cinquantina di metri quadri. Uno dei prefabbricati della zona Santangelo, nei pressi della piazzetta.


Uno spazio angusto, «in cui ho dovuto fare tanti lavori dentro, in una stanzetta ho messo il letto a castello per i bambini, poi una stanza per noi». Non proprio una villa, «ma non fa nulla, stavamo bene perché io non ho mai voluto i soldi, ma solo la tranquillità e l’amore della mia famiglia».
Poi i bambini diventano grandi, vanno via. E Canio e Anna restano soli finché non arriva la malattia e diventa compagna non voluta. Prima solo vuoti di memoria, poi azioni strane, come preparare il pranzo alle 9 del mattino: «Lì ho capito che c’era qualcosa che non andava». Le visite e poi la diagnosi feroce. E la battaglia, con gli avvocati, per farsi riconoscere un’invalidità. Ci sono voluti due anni di battaglie legali – dal 2014 al 2016 – perché la Commissione riconoscesse l’invalidità della moglie. Due anni nei quali, nel frattempo, lei peggiorava. E anche muoversi diventava difficoltoso. Così, per spostarla, serviva una sedia a rotelle. Facile a dirsi: provate a farne passare una tra le porte di un prefabbricato. «Tante volte abbiamo dovuto portarla in braccio da una stanza all’altra».
Nel frattempo, visto il progressivo peggioramento e l’impossibilità di trovare una persona di fiducia che badasse a sua moglie, Canio ha deciso di mettersi in pensione: «Avrei potuto continuare ancora – dice – ma poi a chi l’avrei lasciata? Ho anche provato con una persona ma, quando tornavo, i miei vicini mi dicevano che appena io andavo via, la signora usciva e la lasciava da sola. E allora ho deciso di non fidarmi più di nessuno e mi sono messo in pensione».
Una comune storia d’amore si potrebbe dire. E lo è. Se non fosse che da mesi ormai Canio Larocca convive con un altro incubo: quello dello sfratto dal prefabbricato. Quella zona andrebbe liberata completamente per le nuove costruzioni, accanto ci sono prefabbricati abbandonati, qualcuno è stato abbattuto e restano solo i basamenti. Così ha ricevuto visite e solleciti, alcuni – dice – neanche troppo gentili. E lui non è che non voglia andare via, ma ha chiesto che almeno gli sia dato quello che a tanti altri residenti è stato concesso: il bonus fitti, per ottenere il quale la domanda è stata presentata il primo ottobre del 2018. A lui però questo diritto non è stato riconosciuto.
C’è una lettera firmata dal responsabile dell’unità Manutenzione urbana, Giampiero Cautela, che gli comunica che non ne ha diritto. Non è una comunicazione molto chiara, si cita solo il numero di una delibera. La certezza è che Canio Larocca «non è in possesso dei requisiti». Il motivo lo scoprirà poi girando per gli uffici: alla morte del padre, Canio ha ereditato una casa a Brindisi di Montagna. E siccome ha una casa di proprietà non ha i requisiti per il bonus fitti.


E in linea di principio è anche giusto il ragionamento. Ma ci sono una serie di “ma”.
Il primo riguarda le condizioni di Anna: come potrebbe essere trasportata una disabile della sua gravità in una casa di un altro comune sicuramente non attrezzata per lei? La seconda: «Io vivo qui a Potenza da sempre – dice Canio – sono tra i pochi ad aver avuto regolarmente il prefabbricato e ora proprio noi ce ne dobbiamo andare?». Il terzo problema è più generale e purtroppo a Bucaletto è profondamente sentito, come più volte abbiamo raccontato. Il problema si chiama giustizia sociale.
Inutile nascondersi che a Bucaletto c’è una fetta anche piuttosto ampia di persone che non avrebbero diritto a nulla (per reddito soprattutto) ma che si approfittano vergognosamente della situazione. Persone che non hanno mai vissuto nei prefabbricati, ma che hanno presentato il conto quando c’è stato da assegnare alloggi o ricevere benefici come il bonus fitti. Persone che pur di ottenere il massimo dei benefici non hanno esitato a presentare separazioni fittizie e false dichiarazioni. Canio e i tanti altri che effettivamente vivono situazioni di disagio li conoscono uno per uno. E ti parlano dell’impiegato comunale a cui casualmente è stata assegnata una casa prima che agli altri, del poliziotto o del dipendente provinciale che non avrebbero problemi atrovare casa. A quelli che hanno ville nei dintorni di Potenza, ma le hanno intestate ad altri e così risulta che quel prefabbricato (nel quale non vivono) è la loro prima casa. E la rabbia di Canio monta.

«Io che sono onesto e queste cose non le faccio e non le voglio fare – dice – dovrei invece andarmene con una mano avanti e una dietro, dopo che per 36 anni ho vissuto davvero in questo prefabbricato». E il Comune di Potenza e l’Ater lo sanno bene: «Perché io sono tra i pochi che pagano anche il fitto per vivere qui. Un fitto che è pure aumentato, prima era di 20 euro al mese, ora di 57. E proprio ultimamente mi è arrivato il sollecito per il pagamento del 2021, di 681 euro. E allora, quando c’è da pagare io vivo qui e poi ti chiedo il bonus fitti per dare a mia moglie una casa dignitosa e non me lo dai, perché io una casa ce l’ho a Brindisi di Montagna. Ma io non vivo lì e non ci ho mai vissuto se non da bambino. E mi hanno pure suggerito di fare come gli altri, di intestare la casa di Brindisi a qualcuno altro. Ma devo fare il furbo pure io? Io non sono così, io sono una persona onesta, non voglio fare il furbo come fanno tanti. Ma sono o non sono un residente a Bucaletto? Chiedete a tutti se io vivo qui tutti i giorni da 36 anni». E la paura che da un giorno all’altro possa venire qualcuno, sfrattarlo, portare l’amata Anna in un istituto, sta diventando un incubo.

«Io ormai mi allontano da qui al massimo una mezzoretta per fare un po’ di spesa. Poi non mi muovo mai, non sto neppure dormendo la notte per la paura. Ma non per me, per lei. E resterò qui, non mi muoverò. Non chiedo neanche la casa, ma un aiuto per il fitto, come lo hanno avuto anche quelli che effettivamente non ne avevano diritto, quello lo chiedo. Perché questa povera donna possa stare in una casa vera, almeno gli ultimi anni che le restano».

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