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La siringa trovata in uno dei cestini

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POTENZA – Ci si preparava alla veglia della notte di Pasqua. In tutte le chiese, anche a San Michele, uno dei principali edifici di culto del centro storico. E mentre la chiesa veniva sistemata, le porte aperte e all’esterno sistemato il braciere, ecco che all’improvviso il clima di preghiera e raccoglimento viene spezzato da tre ragazzini, tutti minori, che entrano in chiesa urlando bestemmie poi, per “terminare il lavoro” buttano all’aria il braciere imbrattando tutto l’ingresso.

«E sono stato così costretto a chiamare la Polizia», racconta Fabrizio Fiorini, residente che della difesa del centro storico e della sua vivibilità ha fatto la sua battaglia. Ma è una battaglia che diventa ogni giorno più dura, perché praticamente in solitaria: «Non so quante volte ho segnalato situazioni molto gravi, ma nessuno fa nulla, non si prende alcun provvedimento. Anzi, devo sentirmi dire dagli amministratori che se vivo male in centro posso anche trasferirmi altrove: ma si può rispondere così a un cittadino che segnala situazioni di non vivibilità proprio in quello che dovrebbe essere il luogo da tutelare maggiormente?».

Cosa sta accadendo in centro non è solo Fiorini a raccontarlo. Anche commercianti, oltre che residenti, raccontano di ragazzini, tutti minori e alcuni davvero molto piccoli, che praticamente ogni giorno creano problemi.

«Sono sempre ubriachi, anche alle 10 del mattino, lasciano le lattine ovunque capiti senza preoccuparsi, sputano, fanno disegni osceni su quelli che sono luoghi sacri. E non solo: sono diventati aggressivi, qualche giorno fa – racconta Fiorini – sono dovuto intervenire perché avevano preso di mira un signore non vedente, una residente spaventata ha chiesto aiuto. Ho già fatto quattro denunce, ma al momento una è caduta nel vuoto perché mi è stato risposto che non funzionava la telecamera di videosorveglianza, per le altre sono in attesa. Ma ho come l’impressione che nessuno si accorga del problema, qui a San Michele e in via Rosica ci sono due vere e proprie baby gang, alcuni di loro si avventano ormai sulle persone che osano dire qualcosa, minacciano di sputarti addosso, ti insultano. Io ormai ho quasi paura a tornare a casa mia, perché mi conoscono. Mi hanno fatto scoppiare petardi sotto casa, mi hanno aggredito verbalmente».

Una situazione preesistente, che è certamente peggiorata dopo il lockdown, come se i ragazzi dovessero sfogare sulla cosa pubblica o sui simboli sacri la loro rabbia. O forse è semplice emulazione e l’essere stati rinchiusi in casa per mesi, con l’unica compagnia di videogiochi e video musicali in cui imperversano i modelli violenti, non ha aiutato.

E così il capoluogo, che poteva vantare almeno la tranquillità, sembra perdere pian piano anche questo requisito se ci sono cittadini e commercianti molto preoccupati da questi gruppi di ragazzini. Un fenomeno su cui iniziare a interrogarsi, smettendo di pensare che riguardi solo le grandi metropoli: il disagio dei ragazzi – su cui intervenire non solo in maniera punitiva – riguarda anche i centri come il nostro che spesso i giovani vogliono abbandonare e, magari, prima distruggere.

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