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Il ministro Roberto Speranza

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7 minuti per la lettura

di ANGELA LOMBARDI *

AL ministro della Salute, dottor Roberto Speranza.

Le scrivo, ministro, dal mio personale reparto Covid casalingo. Lo so ci conosciamo, rinnovo amicizia e fiducia a Roberto, ma mi rivolgo al ministro della Sanità. Sento il bisogno di condividere con lei, che ha una responsabilità immensa per il presente e per il futuro, le domande, i pensieri anche sparsi e i grandissimi problemi, che lei probabilmente conosce già.

Le voglio, tuttavia, offrire il punto di vista di quella parte debole del paese che in questa seconda ondata, per la prima volta, sta facendo davvero i conti con il virus. Il tempo sprecato non si recupera e il teatrino estivo non ha risolto nemmeno uno dei problemi che ci continuano a cadere addosso. Questa è una malattia collettiva, lei lo dice continuamente, sono d’accordo, ma a questa affermazione forte e importante manca una risposta collettiva, altrettanto forte e decisa. Non a caso anche i comportamenti corretti soccombono di fronte alle scelte, che anche lei ha fatto, di pagare pegno a tutti quelli che alzano la voce, che urlano guardando il mondo e quello che succede dal loro piccolo “particulare”, da un buco della serratura. Ho seguito tutte le regole anche oltre le prescrizioni, ma non sono riuscita a sottrarmi. In realtà il mio personale tampone è per ora negativo, mia figlia convivente però è positiva. Si è ammalata in famiglia, tra gli affetti più cari.

Le famiglie vivono dignitosamente con il proprio lavoro, nessuno giustamente vuole rinunciare alla propria occupazione, ma non serve essere geni di task force, per capire che tutti i luoghi di lavoro devono essere il più possibile in sicurezza. Oltre a quelle regole importanti che rispettiamo bisognerebbe anche prevedere screening periodici, non lasciando la questione al buon cuore dell’impresa, ma imponendolo come condizione essenziale di sicurezza.

Capita che nel Lagonegrese lo screening ai lavoratori si fa secondo le amicizie del consigliere regionale di turno. Io stessa ho fatto il primo tampone perchè insegnante, peccato che le scuole superiori erano già tutte “on line” e il virus viaggiava con ben altre gambe.

Allo stesso tempo un lavoratore di una impresa del Nord, il marito di mia cugina, in piena pandemia lombarda, torna a visitare la sua famiglia. Sta apparentemente bene, ma la sua azienda non fa screening. Certo nessuna la obbliga.

Non credo che la soluzione sia quella di obbligare i padri a non vedere i propri affetti. Anche così il coronavirus arriva dovunque, persino in quei luoghi, come il mio, dove il distanziamento sociale è purtroppo una realtà legata allo spopolamento e alla difficoltà economica di un territorio che, per questo, non ha neanche i servizi necessari a fronteggiare l’emergenza.

Lo verifichi immediatamente, perché alla comparsa del sintomo ti devi rivolgere al medico di base. Qui, nel deserto sanitario, dovrebbe svolgere un grandissimo ruolo, soprattutto ora. Invece il medico di base è asserragliato nel suo tiepido studio. Se sei fortunato con celerità ti iscrive alla piattaforma, ma i tamponi non arrivano, magari i sintomi si aggravano e tu puoi solo andare in farmacia a comprare strumenti medici e pregare di non aggravarti ulteriormente.

Allora le parole del presidente Conte pesano e fanno male, perché non conosce il Paese. Parole pesanti riferite agli impiegati pubblici che sarebbero più protetti. Impiegati con salari fermi da anni e stipendi da fame e medici di famiglia, invece, che tranquillamente si rifiutano di esercitare la loro funzione di medico, che hanno dimenticato il giuramento di Ippocrate, chiaro roba antica, che invece di pretendere strumenti e mezzi per salvare vite di pazienti, protestano, se in emergenza, qualcuno ricorda loro che da giovani non hanno studiato per fare i burocrati da scrivania.

Ministro, qualcuno dovrebbe affrontare seriamente e con severità questa situazione. Non sono una virologa e non mi esercito a specializzarmi su internet, ma il sole, dio sole, è verso il viaggio invernale e tra un po’ arriverà anche qui il freddo e non basterà più invocare i suoi salutari raggi.

La malattia collettiva si affronta anche con i tracciamenti. Altro delirio. Già verificato a scuola, dove lavoro, colleghi che comunicano all’Asl, tamponi che tardano e bloccano ulteriori tracciamenti. Il tracciamento in paese? Peggio che a scuola. Qui il sindaco, che ringrazio pubblicamente per l’impegno profuso per proteggere i suoi concittadini, ha lavorato senza sosta a tracciamenti, ha forzato le norme, nel chiedere giustamente quarantene anche a chi, secondo le norme vigenti avrebbe dovuto aspettare l’esito del tampone del contatto. Ha lavorato senza ufficiale sanitario. Ministro, in Regione Basilicata, in piena pandemia, non hanno il tempo di nominarne uno nuovo. Ha fatto pressioni perchè altri medici, i pochi, eroici medici dell’Unità speciale covid (Usco), monitorassero anche i pazienti di Rivello. Senza dire dei tamponi eseguiti presso privati che sfuggono ai tracciamenti e lasciano la tutela collettiva al buon cuore del privato cittadino, che a volte, quando è asintomatico, pur di non avere problemi va a lavoro.

Oggi nulla è più sotto controllo: il virus si diffonde ogni giorno di più in tutta la regione e intanto mancano medici e quelli che ci sono rischiano di ammalarsi a loro volta, anche perché troppo sotto stress. Gli ospedali non ci sono, bisogna far riferimento al San Carlo che è già scoppiato. Mi verrebbe da urlarle è così difficile eliminare il numero chiuso a medicina e infermieristica e magari fissare un congruo numero di esami da sostenere nel corso di un biennio? Mi verrebbe da urlarle, ma in questa Regione, ministro, cosa deve accadere per prendere atto di questi fallimenti e costringere il governo regionale latitante a fare di più di un’app? Eh sì, perché nel frattempo hanno comprato una app per consentire ai pazienti di restare in contatto con i medici anche a distanza fornendo loro dati (temperatura e saturazione). Giusto. Peccato che la app è non è compatibile con tutti i sistemi e a mia figlia (casa nostra è fornita di computer, tablet e smartphone) hanno dovuto spedire un tablet in comodato d’uso. E’ arrivato dopo due settimane. Peccato che non siano riusciti a comprare un’app per tutti i sistemi di computer.

Ministro, le residenze sanitarie assistite sono fuori controllo e i fragili non ce la fanno. Basta parlare delle feste di Natale e degli acquisti. Non sarebbe poi così triste se il Natale tornasse ad essere una festa religiosa. Ministro, vorrei avere fiducia ma avete sprecato molta della fiducia che abbiamo riposto in voi. Recuperarla è difficile. Sono certa, tuttavia, che è sbagliato inseguire negazionismi e destra, è sbagliato mostrarsi impauriti e spaesati di fronte ad una economia in affanno. Occorre visione ministro. Serve quell’arte nobile che è la politica. La politica quella che dovrebbe recuperare, per vincere la pandemia, la “social catena” di leopardiana memoria e farne l’asse per ricostruire un mondo che oggi si apre di fronte a noi senza veli. E’ orribilmente ingiusto, è orribilmente diseguale.

Occorre denaro? Davvero una tassa fissa ai ricchi, anche una tantum, ora, è proprio impossibile? Non crede che sia il tempo di contrastare una idea di libertà così misera da limitarsi al commercio e che non sa contenere la solidarietà? E’ questo l’occidente?

Avete ottenuto poteri emergenziali. Mi conosce ministro e può immaginare cosa ne penso. Tuttavia in questa fase sarebbe utile chiedere alle regioni di fare di più. Chiederlo alla mia, alla nostra regione sarebbe un dovere dal momento che noi abbiamo lo stesso diritto alla salute degli altri. Noi che abbiamo resistito e siamo andati per ritornare, che abbiamo scommesso su un Mezzogiorno come possibilità di futuro, siamo stati sconfitti dalla furbizia, dal clientelismo atavico di una classe politica il cui risultato è sotto i nostri occhi.

Lo so domani non risolviamo tutti questi problemi. La sanità e l’istruzione, perni di un paese solidale, hanno bisogno di essere rifondati e per farlo occorre tempo, visione e ascolto. Non lo abbiamo, ma possiamo e dobbiamo subito far leva su quegli elementi necessari che danno un segno di intenzione di cambiare rotta. Fare presto ora a Sud per contrastare il virus e i disastri che ci sono è necessario.

* ex deputata – Rivello

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