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L'interno della malteria Agroalimentare Sud a Melfi (foto da www.italmalt.it)

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L’Agroalimentare Sud taglia da leader il traguardo dei 35 anni di attività: fornisce i grandi gruppi (e non solo) di birre imponendo tracciabilità e filiera corta

MELFI (PZ) – Se in Basilicata si chiedesse in giro il significato di «oro liquido», ognuno avrebbe una risposta: in pochi – tanto più di questi tempi – penserebbero al petrolio, in molti all’Aglianico re incontrastato del Vulture (da poco insidiato da un olio Dop), qualcuno darebbe la corona alle acque, con fonti ricche e premiate di recente dai grandi gruppi (si pensi alla San Benedetto a Viggianello). E la birra?

La biodiversità lucana regala infatti un primato – forse quello meno noto – a una malteria indipendente attiva a Melfi da 35 anni esatti: da ben prima che diventasse di moda, nel cuore del distretto industriale di San Nicola noto per l’automotive e la presenza di altri grandi marchi, Agroalimentare Sud punta su «tracciabilità e filiera a basso chilometraggio, contratti di coltivazione sostenibili e favorevoli sia per l’impresa che per le aziende agricole. Oggi – affermano dall’azienda – sono valori sempre più comuni, gli stessi che Agroalimentare Sud ha anticipato fin dal 1982, anno della sua fondazione, con l’intenzione di portare l’attività di trasformazione in aree vocate alla produzione agricola, abbattere i costi e i tempi di trasporto, e raggiungere alti livelli di qualità del prodotto nel massimo rispetto per l’ambiente».

L’Agroalimentare Sud taglia da leader il traguardo dei 35 anni di attività: fornisce i grandi gruppi (e non solo) di birre imponendo tracciabilità e filiera corta

Nello stabilimento di San Nicola di Melfi – accanto alle farine arricchite in fibre solubili derivanti da lavorazioni particolari – l’orzo viene trasformato in malto da birra, apprezzato da multinazionali del calibro di Heineken (una delle “regionali” della Moretti, la «Lucana» appunto, è prodotta con malto 100% autoctono), Carlsberg e Peroni, ma a Melfi sono coltivati a orzo anche i 130 ettari che conferiscono a Baladin: in una delle birre (la Nazionale) del marchio cult, campione assoluto e antesignano delle artigianali con export in tutto il mondo, sono al 100% lucani il malto pils e l’orzo (qualità distico) utilizzati.

«E’ stato identificato come territorio di produzione la Basilicata – si legge sul sito di Baladin – per due ragioni principali: le perfette condizioni climatiche e territoriali e per la vicinanza con la malteria, l’Agroalimentare Sud che ha reso possibile il completamento dell’operazione trasformando l’orzo in malto d’orzo. Credere nel progetto di Teo Musso e di Baladin non è stato facile; le dimensioni del birrificio erano piccole, i terreni, all’inizio di non così ampia estensione e quindi occorreva guardare avanti, essere i primi, innovatori, nei confronti di un nuovo modo di concepire la coltivazione e l’utilizzo dell’orzo per birra».

Perché nella filosofia di Agroalimentare Sud – che a Expo 2015 ha rappresentato una delle eccellenze lucane – il brand planetario sta accanto al piccolo produttore di nicchia e attento alla cosiddetta “filiera corta”: con la materia prima al top, i risultati arrivano sempre se da ultima la Birra Morena, prodotta a Balvano, ha vinto medaglie d’oro e d’argento negli Awards da Londra a Melbourne.

Internazionalità con radici ben piantate a Sud: lo stabilimento lucano trasforma esclusivamente l’orzo prodotto da oltre 2000 aziende agricole centro-meridionali con le quali l’Agroalimentare Sud ha realizzato forme di integrazione verticale di filiera attraverso la stipula di “contratti di coltivazione” che offrono vantaggi reciproci a entrambe le parti. Di recente, la Spa con sede a Melfi è stata accettata come membro del Sai (Sustainable Agriculture Initiative) Platform, la principale organizzazione non-profit per le industrie agro-alimentari che «promuove e supporta lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile a livello mondiale. Ad oggi, l’organizzazione conta più di 60 membri, fra cui tutte le principali multinazionali del settore alimentare, che condividono lo stesso concetto di agricoltura sostenibile». 

L’impianto lucano di Agroalimentare Sud riesce a stoccare ogni anno tra 40mila e 50mila tonnellate di orzo e produrre circa 40mila tonnellate di malto da birra, per un fatturato annuo che si aggira intorno ai 17 milioni di euro (fonte: Consiglio regionale).

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