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La delegazione della Fiom Cgil di Stellantis in Francia

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Gli operai Stellantis di Melfi a Parigi per parlare con l’azienda, la delegazione lucana: «È ora che anche la Regione convochi un incontro»

MELFI (POTENZA) – Da Melfi a Parigi. I delegati della Fiom Cgil dello stabilimento lucano di Stellantis e del suo indotto in Francia per chiedere al gruppo automobilistico «lavoro e diritti». I rappresentanti della Basilicata, tra i cento delegati Stellantis italiani, hanno stazionato davanti alla sede di Poissy. Con loro anche la segretaria generale Giorgia Calamita.

«In Italia il 2 giugno è la festa della Repubblica – scrive in una nota l’organizzazione sindacale -. Repubblica fondata sul lavoro come dice l’articolo 1 della Costituzione italiana. È la prima tappa dei “sentieri della dignità” Fiom Cgil: per il lavoro, il reddito, i diritti. Per la Fiom è necessario aprire un confronto vero con Stellantis sui temi delle condizioni di lavoro. Condizioni in grave arretramento negli stabilimenti italiani sia per quanto riguarda i ritmi e le saturazioni sia per quanto riguarda i servizi a disposizioni delle lavoratrici e lavoratori».

«Le prospettive produttive ed occupazionali degli stabilimenti italiani sono quantomeno incerte. Il dato sulla produzione di automobili in Italia è drammatico – aggiunge -, nel 1999 si producevano 1.410.459 veicoli, nel 2022 si è scesi a 473.194, la differenza è di 937.265, il meno 66,45 per cento. Nel 1999 l’Italia era ancora il quinto produttore in Europa, da allora è stata superata da Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Turchia, ed è vicinissima all’Ungheria».

La sigla dei metalmeccanici della Cgil evidenzia che «anche per quanto riguarda la Francia il dato della perdita della quota di produzione è molto preoccupante. Dopo l’Italia, infatti, è il Paese che ha perso la quota maggiore, mantenendo comunque un livello superiore al milione di auto prodotte. Le ricadute sull’occupazione sono inevitabili. Secondo i dati dell’Oecd l’occupazione del settore automotive è passata da 210.300 persone del 1995 a 172.930 del 2020 (ultimo dato disponibile)».

«Il calo complessivo, quindi, è stato del 17,76%. Se consideriamo gli stabilimenti Stellantis di assemblaggio, powertrain e gli enti centrali registriamo che nel 2014 l’occupazione si attestava a 40.081. Nel 2021 è calata a 32.128 e nel 2023 è scesa ulteriormente a 31.593 con una perdita complessiva di 8.488 posti di lavoro. Il taglio occupazionale non è ancora finito – prosegue la Fiom Cgil -, l’ultimo accordo separato di incentivazione all’esodo sottoscritto a febbraio prevede ulteriori 3.079 uscite che sommate agli accordi sottoscritti dal 2021 e alla perdita di occupazione dal 2014 arriva ad oltre 11.500 posti di lavoro persi in Italia. A questo si aggiungono i dati sulla cassa integrazione nel settore automotive: nel 2015 le ore di cassa integrazione sono state 35 milioni e 909.165 e nel 2022 sono quasi raddoppiate arrivando a 53 milioni e 229.616».

GLI OPERAI STELLANTIS DI MELFI A PARIGI, MA «ANCHE LA REGIONE DEVE APRIRE UN CONFRONTO»

La Fiom Cgil sottolinea che «lo stabilimento di Melfi e il suo indotto rientrano a pieno in questa crisi con continue fermate produttive, incentivi all’esodo e trasferimenti. Occorre aprire il confronto per condividere linee strategiche e di investimento che garantiscano i siti e l’occupazione in un’ottica di transizione ecologica. L’assoluta assenza di politiche industriali sta mettendo a rischio interi settori dell’industria in Italia».

La Fiom ritiene «indispensabile aprire un confronto con l’amministratore delegato Carlos Tavares e il governo italiano che porti alla sottoscrizione di un accordo quadro che garantisca prospettive industriali e occupazionali ai lavoratori del Gruppo Stellantis e della filiera della componentistica. È il momento che anche la Regione Basilicata convochi il tavolo richiesto dalla Fiom Cgil Basilicata per affrontare il tema della tenuta occupazionale. Non permetteremo di utilizzare il tema della transizione come alibi per continuare con la stessa logica della riduzione dei costi e del taglio dei diritti».

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