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L’economista lucano Leonardo Cuoco: «Nell’intero comprensorio l’unico episodio rilevante di sviluppo demografico è quello di Marsicovetere, essenzialmente connesso alla crescita di Villa d’Agri: 1.408 abitanti in più nel periodo 1991-2015»

POTENZA – Nel «comprensorio petrolifero» della Basilicata gli investimenti delle compagnie avviati negli anni ’90 «non hanno modificato né le tendenze allo spopolamento dei comuni né i processi di deindustrializzazione dell’apparato industriale ed artigianale preesistente». E’ la prima conclusione alla quale è giunta la rivista «SpazioAperto» della società lucana «Territorio», dell’economista lucano Leonardo Cuoco, in uno studio – pubblicato sul numero di maggio-giugno – intitolato «Le dinamiche della popolazione e delle strutture economiche del comprensorio petrolifero della Basilicata: dal 1991 al 2015».

LE RICADUTE ECONOMICHE DEL BLOCCO DEL COVA

Lo studio spiega subito dopo che «i fenomeni di inversione di tendenza o di resistenza si sono limitati, invece, solo ad alcuni comuni, per alcuni dei quali, tuttavia, lo sviluppo risulta dai grandi cicli infrastrutturali del passato (bonifica, riforma agraria, irrigazione), quelli cioè finalizzati ad ampliare le basi produttive del territorio». L’analista dice di più: «Si ha motivo di credere che, in assenza di politiche e programmi alternativi, è destinato a crescere il rischio che le tendenze negative siano inarrestabili», e fa l’esempio della Val Basento dove – all’epoca della scoperta del metano – non furono accettati diritti di sfruttamento ma «il consenso era subordinato ad avviare contestualmente attività estrattiva ed iniziative industriali (Anic, Ceramica Pozzi, Montedison), anche se talune di esse rimasero enunciati. Non è del tutto infondato, come dimostrano molte esperienze – è scritto nello studio – che, in assenza di politiche alternative, il completamento del ciclo di vita delle attività estrattive e proiezione delle tendenze negative in atto si riconnettano, nel prossimo 15-20 anni, determinando scenari di desertificazione».

Per quanto riguarda la popolazione, «nell’intero comprensorio l’unico episodio rilevante di sviluppo demografico è quello di Marsicovetere, essenzialmente connesso alla crescita di Villa d’Agri (+ 1.408 abitanti nel periodo 1991-2015)». In sostanza, senza gli investimenti petroliferi «lo spopolamento sarebbe stato molto superiore ai tassi negativi registrati nel periodo di valutazione». Se si considerano, le strutture produttive, «i dati censuari di lungo periodo dimostrano che nel comprensorio petrolifero non solo non si sono bloccate, ma per alcuni comuni addirittura si sono accelerate le tendenze all’emarginazione dell’attività agricola e alla deindustrializzazione». In particolare, «le aziende agricole sono diminuite da 14.025 censite nel 1990 a 7.745 nel censimento 2010», con l’abbandono, in 20 anni, «di 24.632 ettari di superficie agricola utilizzata».

La parte dello studio dedicata all’evoluzione delle attività industriali, spiega che «in molti comuni» si registrano «diffusi fenomeni di desertificazione industriale», con un «notevole arretramento anche delle attività di costruzione». Infine, per quanto riguarda il terziario, sono aumentati gli addetti nelle attività ricettive e ricreative (dai 970 addetti del 2001 ai 1.333 del 2011) ma soprattutto in cinque comuni; variazioni «di minore intensità» si sono avute nel commercio, nei trasporti e nelle attività finanziarie, assicurative, immobiliari e professionali». Anche nelle istituzioni pubbliche si è registrato «un vistoso calo degli addetti in tutti i comuni del comprensorio»: ne hanno persi 961 nel decennio 2001-2011, passando da 4.218 unità nel 2001 a 3.257 nel 2011. «L’unica eccezione è costituita dal comune di Marsicovetere (ospedale), che aumenta gli addetti da 640 nel 2001 a 745 nel 2011. Le istituzioni no profit, infine, hanno registrato una buona diffusione in quasi tutti i comuni, aumentando in numero di addetti da 181 nel 2001 a 229 nel 2011».  

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