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POTENZA – Chiesto il processo per l’inchiesta su “mala politica” e sanità che, nell’ottobre del 2022, aveva portato a una serie di misure cautelari nei confronti di esponenti politici regionali e locali e di responsabili della sanità lucana. La richiesta di rinvio a giudizio è stata avanzata dai pm della Procura potentina titolari dell’inchiesta, il procuratore Francesco Curcio e il sostituto Vincenzo Montemurro. L’udienza preliminare è stata fissata per martedì 30 gennaio 2024, al Tribunale di Potenza, davanti al gup Francesco Valente.

Sono 27 gli imputati (nel grafico l’elenco completo), accusati a vario titolo di corruzione, concussione, abuso d’ufficio, traffico di influenze e altro. Tra loro, anche nomi di primo piano della politica e della sanità lucana: dal governatore Vito Bardi all’assessore alla Salute Francesco Fanelli, dai consiglieri regionali Francesco Piro e Rocco Leone agli ex assessori regionali Francesco Cupparo e Gianni Rosa (ora senatore), dall’ex sindaca di Lagonegro Maria Di Lascio al direttore generale dell’Aor San Carlo Giuseppe Spera.

Un’inchiesta nata dalle denunce, in particolare, di due supertesti – l’ex direttore generale del San Carlo, Massimo Barresi, e l’ex segretario particolare di Bardi, Mario Araneo – rispetto al progetto di ristrutturazione dell’ospedale di Lagonegro e sulla gestione complessiva della sanità in regione. E sulla cui attendibilità erano stati avanzati dei dubbi già in fase di Riesame, quando il collegio aveva annullato alcune misure cautelari adottate.

Le elezioni 2020 a Lagonegro. Tra le imputazioni formulate dai pm, ci sono delle ipotesi di corruzione collegate alle elezioni comunali che nel 2020, a Lagonegro, videro Maria Di Lascio conquistare la poltrona di sindaca con il sostegno fondamentale del capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro. I due – insieme all’ex assessore regionale Cupparo, al dg del San Carlo Spera e a un ex assessore della giunta Di Lascio, Gianni Mastroianni-, secondo l’accusa, si sarebbero accordati «al fine di assicurarsi» sia la candidatura di Mastroianni «all’interno della lista Insieme con Maria di Lascio, (…) che il relativo bacino di voti». Questo in cambio di una promessa di assunzione in Formez Pa o, in alternativa, «quale manutentore presso il nascente nuovo ospedale di Lagonegro».

Diversa la vicenda per la candidatura nella lista “Insieme” di Maria Palermo, successivamente nominata assessore, che sarebbe stata “ricambiata” con atti contrari ai doveri d’ufficio quali la stabilizzazione di un’infermiera precaria «che trovava epilogo favorevole in data 02 febbraio 2021» nonché «nell’assunzione a tempo indeterminato presso una casa di riposo non meglio specificata della di lei nipote». Per questa ipotesi, risulta indagato anche l’allora assessore alla Sanità, Rocco Leone.

Piro, Di Lascio, Leone e Spera devono rispondere anche di istigazione alla corruzione, in concorso con un medico dell’Asp, Nicola Castelluccio, che avrebbe ottenuto un comando negli uffici della Regione come ricompensa per la promessa di una candidatura nella lista della sindaca del fratello (cosa poi non avvenuta).

Con Piro, Di Lascio, Spera e Palermo, inoltre, risulta indagato un medico dell’ospedale di Lagonegro dove Palermo presta servizio come infermiera, il ginecologo Vito Funicelli, che sarebbe stato beneficiato della promessa di una promozione.
Per la candidatura nella lista “Insieme” dell’architetto, poi eletto consigliere comunale, Benedetto Rito Olivo, i pm ipotizzano uno scambio con la promessa dell’assunzione della moglie in una struttura in via di realizzazione a Lagonegro per la formazione del personale della vigilanza privata. Mentre il solo sostegno elettorale di Giacinto, Chiara e Silvio Camaldo sarebbe stato “comprato”, con la complicità dell’allora assessore alle Attività produttive Cupparo, con la promessa di un’altra assunzione in Formez Pa e dello scorrimento della graduatoria di una selezione svolta da Eni per l’assunzione di personale in Val d’Agri.

Altri elettori “comprati”. Piro è accusato di aver comprato altri pacchetti di voti da Nicola Buldo, Maria Lucia Infantino e Armando Buldo con la promessa «della sua qualificata attivazione presso i competenti uffici dell’Asp e della Regione Basilicata al fine di assicurare loro un indennizzo patrimoniale rilevante e comunque maggiore del prezzo originario di acquisto del terreno nell’ambito della procedura di esproprio» di un terreno della società riconducibile agli ultimi tre. Poi i voti portati da Gennaro Ladaga, che avrebbe ottenuto il trasferimento dall’Asm di Matera.

Quelli dell’imprenditore ambulante Claudio Simone, a cui Di Lascio e Piro avrebbero promesso un intervento «presso il direttore generale della Ferrovie Appulo Lucane di Lagonegro perché il mercato rionale non venisse ubicato in zona diversa dal relativo piazzale Fal di Lagonegro». Un’ultima accusa vede Piro, Leone, Di Lascio e Spera accusati di aver comprato il sostegno elettorale di un urologo, Pasquale Fortunato, che ambiva al trasferimento da Matera all’ospedale del centro valnocino.

Il complotto contro Barresi. Il governatore Bardi risulta indagato per una tentata induzione indebita in concorso con l’ex assessore Leone e il capo dell’ufficio legislativo della presidenza della giunta regionale, Antonio Ferrara, in relazione a presunte pressioni esercitate su un avvocato della Regione, indirizzate ad ammorbidire la difesa della Regione davanti al Tar Basilicata, rispetto al ricorso presentato da Spera (e in seguito accolto dai giudici amministrativi) contro la nomina del suo predecessore alla guida del San Carlo, Massimo Barresi, scelto dalla precedente giunta di centrosinistra e inviso all’amministrazione Bardi.

Il «medesimo disegno criminoso volto alla eliminazione del dottor Barresi ed al conseguente licenziamento dello stesso» sarebbe stato alla base anche di una delibera approvata ad aprile del 2020 per cui risultano indagati per abuso d’ufficio Bardi, Leone, Cupparo, l’allora assessore all’Agricoltura Francesco Fanelli, e l’allora assessore regionale all’Ambiente, ora senatore senatore, Gianni Rosa.

Cinque componenti della vecchia giunta regionale (Bardi, Leone, Cupparo, Fanelli e Rosa) risultano indagati anche per aver compiuto «atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere alle dimissioni Barresi (…) colpevole di non essersi adeguato alle richieste indebite e talora illecite e o clientelari di rappresentanti della giunta regionale». Il riferimento, in particolare, è a una delibera con cui a luglio del 2020 furono tagliati 12 milioni di euro dai fondi destinati al San Carlo.

La reazione di Bardi. «Ho sempre avuto massima fiducia nella magistratura: avrò la possibilità, all’udienza preliminare del 30 gennaio 2024, di fornire la mia versione dei fatti su un’indagine notificatami il 7 ottobre 2022, sulla quale sono molto sereno e ancor più sicuro di poter chiarire tutte le contestazioni mosse al sottoscritto e alla mia giunta». Così il governatore Bardi ha reagito alla notizia della fissazione dell’udienza preliminare. «Sono questioni – ha concluso – relative ad alcune delibere di riparto di fondi tra le aziende sanitarie e a un contenzioso con un ex Dg, rispetto alle quali la giunta da me presieduta si è limitata a ratificare atti dovuti».

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