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Vito Bardi ed Ernesto Esposito

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POTENZA – Va ufficialmente verso l’archiviazione il filone sui “tamponi vip” dell’inchiesta dei pm di Potenza su un presunto «gruppo di potere» deviato annidatosi al vertice politico della Regione, che avrebbe piegato scelte e operato delle aziende sanitarie lucane, e non solo, a inconfessabili interessi economici ed elettorali.

Tra i 27 destinatari dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare sulle richieste di rinvio a giudizio formulate dal pm Vincenzo Montemurro, infatti, non compaiono più Ernesto Esposito, ex direttore generale del Dipartimento salute della Regione Basilicata, e attuale subcommissario regionale alla Sanità della Regione Calabria, Ernesto Esposito, del direttore sanitario dell’Asp, Luigi D’Angola, e del coordinatore della task force coronavirus della Regione Basilicata, Michele Labianca.

I loro nomi, in realtà, sarebbero rimasti per errore già nell’elenco dei destinatari degli avvisi di chiusura delle indagini, dopo lo stralcio dagli atti destinati a finire a processo di quanto emerso dal filone investigativo su una presunta corsia preferenziale per l’accesso ai tamponi per la diagnosi del covid 19 riservata a potenti e, amici dei potenti, della Regione Basilicata nelle prime, drammatiche settimane della pandemia.

Tanto è vero che non comparivano mai nei 22 capi d’imputazione riportati nelle pagine successive relativi ai due filoni d’indagine residui: quello sulle presunte corruttele elettorali consumatesi in occasione del voto di settembre del 2020 a Lagonegro; e quello sul sistema di potere interno alla maggioranza regionale che avrebbe voluto «speculare» sulla ristrutturazione dell’ospedale di Lagonegro, e la gestione della sanità più in generale.

Chi invece si è visto citare per l’udienza preliminare, pur non avendo ricevuto assieme agli altri l’avviso di chiusura delle indagini, è stato l’ex capo dell’ufficio legislativo della presidenza della giunta regionale, Antonio Ferrara, che non compariva nel frontespizio dell’avviso, pur essendo presente in uno dei capi d’imputazione.

Nei confronti suoi, del governatore Vito Bardi, e dell’ex assessore alla sanità, e attuale consigliere regionale Rocco Leone (FdI), i pm ipotizzano, in particolare, una tentata induzione indebita in concorso in relazione alle presunte pressioni esercitate su un avvocato della Regione, Valerio Di Giacomo. Pressioni indirizzate ad ammorbidire la difesa della Regione davanti al Tar Basilicata, rispetto al ricorso contro la nomina dell’allora direttore generale del San Carlo, Massimo Barresi, scelto dalla vecchia giunta di centrosinistra, che era stato presentato dall’attuale dg del San Carlo, Giuseppe Spera (ricorso che in seguito sarebbe stato accolto dai giudici amministrativi, ndr).

Martedì, in occasione della notifica della fissazione, per il 30 gennaio 2024, dell’udienza preliminare, il governatore si era detto «molto sereno e ancor più sicuro di poter chiarire tutte le contestazioni mosse al sottoscritto e alla mia giunta». A riprova di questa serenità giovedì è arrivata la conferma, da parte di Bardi, proprio di Spera, che dovrebbe restare alla guida dell’Azienda ospedaliera del San Carlo per altri due anni.

Nonostante le accuse di complicità nelle corruttele elettorali del capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro, e dell’ex sindaca di Lagonegro, Maria Di Lascio. Complicità escluse dal Tribunale del riesame che ha anche derubricato il tutto da corruzione in senso stretto a corruzione elettorale.

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