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Grande festa a Potenza per la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il quarantesimo anniversario dell’Unibas

POTENZA – L’Università di Basilicata ha assolto appieno alla missione affidatale 40 anni fa, tra le macerie del devastante terremoto dal 1980: essere «motore di crescita» per il territorio e «fattore di speranza per tanti giovani». Ma è anche riuscita diventare un osservatorio privilegiato sull’universo, in cui l’esercizio della «trasmissione del sapere» e «l’amore per la ricerca» generano «democrazia» e «libertà».

Illuminando le ingiustizie che si consumano in un mondo sempre più interconnesso: dalle violazioni dei diritti civili in Iran e Afghanistan; alla tragedia dei «profughi» partiti proprio dall’Afghanistan in cerca di «un futuro», naufragati nei giorni scorsi nel mare della Calabria.

È stata una promozione a pieni voti, ma anche un’investitura spirituale il lascito della visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all’Unibas.

Il capo dello Stato non ha deluso le aspettative sulla sua partecipazione alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’Università della Basilicata, il quarantesimo dalla sua fondazione.

L’ARRIVO DI SERGIO MATTARELLA ALL’UNIBAS

Atterrato in elicottero al campo scuola del quartiere di Macchia Romana, nella periferia nord del capoluogo, Mattarella è arrivato in auto al polo universitario di via Nazario Sauro tra due ali di folla composte da giovani studenti muniti di bandierine tricolori.

Il corteo presidenziale ha superato di gran lena il settore del percorso transennato, distante circa 200 metri dall’ingresso dell’ateneo, riservato a una rappresentanza dei 1.800 beneficiari delle misure regionali di contrasto al disagio sociale, in sollevazione da una settimana per gli annunci di stabilizzazione traditi da via Verrastro.

Ad accogliere il capo dello Stato, quindi, sono stati il governatore Vito Bardi, il sindaco di Potenza Mario Guarente e il presidente della Provincia, Christian Guarino, che lo hanno accompagnato in un’aula Quadrifoglio gremita di rappresentanti istituzionali, inclusa la ministra dell’Istruzione Anna Maria Bernini, e la ministra delle riforme Maria Elisabetta Casellati, più docenti, studenti di varie età e personale universitario.

IL PRESIDENTE MATTARELLA PROMUOVE L’UNIBAS

Mattarella ha preso la parola dopo gli interventi di Bardi, Bernini, del rettore dell’Università, Ignazio Mancini, e poi del presidente del Consiglio degli studenti, Davide Di Bono, del responsabile del settore Affari generali dell’ateneo, Antonella Racioppi, e di un’ex studentessa d’eccezione, Pegah Moshir Pour, consacrata sul palco del Festival di Sanremo per l’attivismo sulle violazioni dei diritti civili nel suo paese civile, l’Iran. Oltre al professore di Automatica Fabrizio Caccavale, a cui è spettato l’onore della lezione inaugurale dell’anno accademico, con una prolusione sulla robotica.

Il capo dello Stato ha promosso l’attività dell’ateneo, facendo riferimento esplicito ai dati citati da Mancini. «Il passaggio da nove a trentacinque corsi di laurea – ha spiegato – è un risultato di grande rilievo, così come l’apertura recente della Facoltà di Medicina. I diciottomila laureati degli ultimi venticinque anni sono un grande contributo, ogni anno rinnovato dai novecento circa che si laureano».

Dopo aver reso merito al corpo accademico e il personale amministrativo rappresentato da Racioppi, però, ha voluto ringraziare in maniera speciale l’attivista italo-iraniana Moshir Pour, convenendo con lei che «il mondo intero è ormai sempre più una comunità raccolta, ormai con nessuna distanza effettiva (…) dentro la quale la mancanza di libertà o di esercizio dei diritti in un luogo colpisce tutti, ovunque».

L’AFFONDO SULLA STRAGE DI MIGRANTI DI CUTRO

Di qui l’affondo sul naufragio dei «profughi» afgani a Cutro e l’esigenza per l’Italia e l’Europa di «scelte concrete, operative», che impediscano i ripetersi di tragedie simili. Con una risposta indiretta, ma oltremodo chiara, anche alle discusse frasi del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che aveva parlato di «irresponsabilità di quei genitori che mettono in pericolo la vita dei loro figli». Una risposta e un richiamo alla memoria della comunità occidentale tutta al ritiro delle sue forze armate, a settembre del 2021, dall’Afghanistan, che ha lasciato campo aperto al ritorno del regime dei Talebani.

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«I profughi afgani – ha spiegato Mattatella – hanno fatto tornare anzitutto in mente quanto, quasi due anni fa, il nostro Paese ha fatto nel momento in cui i talebani occupavano Kabul per portare in Italia non soltanto i nostri militari in missione lì, ma per portare in Italia tutti i cittadini afgani che avevano collaborato con la nostra missione. Non ne abbiamo lasciato nessuno, li abbiamo tutti accolti qui in Italia. Ecco, questo ci fa tornare alla mente le immagini televisive della grande folla di afgani all’aeroporto di Kabul che imploravano un passaggio in aereo per recarsi altrove. Ci fa quindi comprendere il perché intere famiglie, persone che non vedono futuro, cercano di lasciare, con sofferenza – come sempre avviene – la propria terra per cercare un avvenire altrove, per avere possibilità di un futuro altrove».

LEGGI IL DISCORSO INTEGRALE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA A POTENZA

I RINGRAZIAMENTI AGLI STUDENTI

Il presidente della Repubblica ha ringraziato anche il rappresentante degli studenti, Di Bono, autore di un intervento particolarmente apprezzato, che ha invitato le istituzioni a «fare presto» per i giovani. Mutuando lo storico titolo comparso sul quotidiano Il Mattino per sollecitare i soccorsi dopo il terremoto del 24 novembre del 1980. Una tragedia immane che ha rappresentato la spinta decisiva per l’apertura dell’Università della Basilicata e un investimento senza precedenti nella diffusione culturale dell’edilizia antisismica.

«Fare presto, oggi – ha dichiarato il capo dello Stato -, è un elemento essenziale di richiamo, perché i ritmi della vita sono profondamente cambiati; cambiano velocemente, sempre più velocemente. E le risposte, per essere efficaci, devono essere tempestive, altrimenti giungono in ritardo, inutilmente».

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