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Allestimento “islamico” con abiti musulmani. Il parroco don Franco Corbo: «Troppi muri impediscono l’integrazione»

POTENZA – Quella Madonna con il velo – velo che poi nella vulgata popolare è stato erroneamente definito burqua – nel presepe voluto da don Franco Corbo nella chiesa di Sant’Anna – sta facendo parlare la città e anche i media nazionali. Nel mirino non solo la statua di Maria ma anche San Giuseppe e alcuni pastori che indossano abiti “musulmani”. Una decisione, quella di don Franco, dicevamo che ha suscitato non poche polemiche tra quanti abituati a fare i conti con una iconografia che, forse, nulla ha a che vedere con quelli che erano gli abiti che si indossavano a Betlemme all’epoca in cui nacque Gesù.

Ma questo poco importa. Perché quegli abiti per molti sono apparsi come una provocazione. Come una provocazione è stata l’avere sostituito la grotta con una tenda di quelle utilizzate dalle tribù beduine. Intorno piccoli mattoncini a simboleggiare i tanti, troppi muri, che dividono le persone.

Muri con scritte come quel “Fuori gli stranieri” che purtroppo, oggi, si leggono su striscioni e manifesti di chi dice no all’accoglienza dei profughi. E proprio di provocazione ha parlato il parroco di Sant’Anna, don Franco Corbo che ha difeso la sua scelta. Alla base, infatti, la volontà di mandare un messaggio: quello di dire no a troppi muri – reali e simbolici – che impediscono l’integrazione e che non fanno altro che fomentare odio e intolleranza. «Basti pensare – ha detto don Franco – al muro costruito dagli israeliani per tenere chiusi i palestinesi in vere e proprie enclavi».

Ed ecco «che la santa famiglia in costume arabo – ha aggiunto don Franco – vuole essere di invito a un’apertura mentale e culturale. Un messaggio di pace per tutti i popoli e per tutte le culture». Una rappresentazione che, però, non è stata compresa da tutti ed «ecco perché – ha concluso don Franco che ha difeso la sua decisione e il suo presepe – ci sono state tante contestazioni. Ma questo dipende solo da una chiusura mentale e da una forma di integralismo».

Il parroco di Sant’Anna non è la prima volta che lancia messaggi provocatori utilizzando la simbologia della sacra rappresentazione. Tutto questo sempre con lo scopo che arrivi un messaggio sociale che non sempre viene colto.

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