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«In tabaccheria avevo la stessa sensazione di quando si entra in un negozio con un buono regalo: la frustrazione che si prova è indescrivibile, addirittura una volta ne ho strappato uno per sbaglio confondendolo con lo scontrino del supermercato»

POTENZA – Dopo otto anni, la precarietà diventa normalità e ti senti quasi una privilegiata. Ma, di preciso, cos’è un voucher? «Potrebbe essere uno strumento utile se adoperato correttamente, soprattutto per i giovani che si avvicinano al mondo del lavoro. Sicuramente andrebbero apportati dei miglioramenti per favorirne un utilizzo “onesto” e soprattutto ristretto nella vita professionale di un lavoratore». Carmelita Pasquariello, 27enne di Marsico Nuovo (Potenza), lavora da otto anni come cameriera ma è una «musicista freelance». Dare voce al suo racconto di “invisibile” – nel giorno in cui in Italia si discute del decreto anti-referendum Cgil – è forse il modo migliore per capire cosa si muova in quel mondo.

A 30 anni siamo già vecchi per il mondo del lavoro e a 20 troppo giovani, vogliamo il rispetto di diritti e dignità, basta essere umiliati

Ci racconti come organizza la sua giornata: come concilia le due attività in cui è impegnata?
«Essere uno studente lavoratore richiede tanto sacrificio ma non è cosa impossibile, bisogna soltanto avere degli obiettivi e una buona capacità organizzativa. Attualmente lavoro mezza giornata e impegno il restante tempo a studiare e seguire le lezioni in conservatorio. Sicuramente sono molto avvantaggiata poiché le lezioni sono molto dilatate nel tempo durante la settimana, ma è necessario dedicare allo strumento molte ore di pratica. Quando lavoro di mattina mi sveglio alle 5, vado a lavoro alle 6, pranzo intorno alle 14 e alle 15.30 sono già in conservatorio poiché oltre alle lezioni e lo studio ho una borsa di studio di collaborazione con la biblioteca. Amo tanto quello che faccio e suonare è sempre stata la mia priorità. Mi sono laureata con 110 e Lode sia nel triennio che nel biennio di clarinetto e attualmente sono iscritta al biennio di musica da camera. Lavorare, anche se faccio un mestiere molto lontano da quello del musicista, mi gratifica molto e mi permette di continuare a studiare più serenamente perché pagare delle tasse scolastiche, l’affitto di un posto letto e tutte le spese che ne conseguono non è semplice. Lavorando sempre con i voucher non ho mai avuto la possibilità di rendermi totalmente indipendente dalla mia famiglia poiché mi è capitato spesso di perdere il lavoro, di lavorare 5 giorni al mese e guadagnare poco più di 100 euro, se non fosse stato per loro non mi sarei mai laureata».

Il primo voucher non lo dimenticherò mai, 7.50 euro dopo 9 ore di lavoro. Avevo 21 anni e venivo da un anno e mezzo di lavoro totalmente a nero: guadagnavo 15 euro al giorno. Il voucher sembrava potermi offrire un minimo di garanzia…

Cosa ha pensato quando le hanno proposto la possibilità di essere impiegata tramite voucher?
«Il primo voucher non lo dimenticherò mai, 7.50 euro dopo 9 ore di lavoro. Avevo 21 anni e venivo da un anno e mezzo di lavoro totalmente a nero dove guadagnavo 15 euro al giorno. Il voucher sembrava potermi offrire un minimo di garanzia, qualcosa che finalmente attestasse che stessi lavorando, invece non ho avvertito nessuna differenza con il lavoro a nero, anzi, almeno prima non dovevo aspettare due giorni e andare in tabaccheria con lo “scontrino ” in mano. Entravo in tabaccheria con il voucher e avevo la stessa sensazione di quando si entra in un negozio con un buono regalo. La frustrazione che si prova nel cambiare un voucher è indescrivibile, spesso ne accumulavo più di qualcuno prima di andare in tabaccheria e addirittura una volta ne ho strappato uno per sbaglio confondendolo con lo scontrino del supermercato».

Cosa pensa della sua generazione condannata quasi a una precarietà divenuta norma?

«Conosco molti giovani della mia età che fanno più di un lavoro per arrivare a fine mese, tante situazioni peggiori della mia, di ragazze ventenni senza genitori e con figli che lavorano senza sosta e senza alcun diritto. Una mia amica perse il lavoro perché era in procinto di partorire, aveva lavorato sino a 3 giorni prima del parto senza sosta. Un’altra mia amica ha un contratto di due ore ma lavora quasi 9 ore e non ha neanche un giorno di riposo settimanale ed ha rischiato di perdere il lavoro per essersi assentata due giorni per motivi di salute. Noi giovani siamo delle pedine di un gioco fatto di regole sbagliate dove è troppo semplice barare. A 30 anni siamo già vecchi per il mondo del lavoro e a 20 troppo giovani, dobbiamo sottostare ed accettare quello che ci viene offerto perché non abbiamo altra scelta. Mi sento di dire soltanto che la necessità di lavorare non deve essere assolutamente un modo per farsi calpestare, anzi, dobbiamo sempre e comunque cercare di farci rispettare sia come esseri umani che come lavoratori, a volte anche rischiando lo stesso posto di lavoro. Io stessa in questo momento mi sono esposta decidendo di raccontare la mia esperienza e sono consapevole di avere infastidito molte persone che, certamente non mi proporranno più di lavorare per loro, e vorrei che trovaste anche voi la voglia di raccontare, di fare luce su quella che è l’effettiva realtà del mondo del lavoro per noi giovani attualmente».

Conosco molti giovani della mia età che fanno più di un lavoro per arrivare a fine mese, tante situazioni peggiori della mia, di ragazze ventenni senza genitori e con figli che lavorano senza sosta e senza alcun diritto

Cosa sente di dire a nome della sua generazione ai politici e alle istituzioni?

«Ai politici e alle istituzioni chiedo di darci la possibilità di avere delle solide basi su cui poter costruire il nostro futuro! Siamo una generazione ricca di capacità e voglia di fare, ci state condannando ad una vita fatta solo di precarietà su tutti i fronti».

Per una ragazza del Sud come lei, c’è nel 2017 la possibilità di rimanere nella propria terra? Come giudica la scelta di molti suoi coetanei di lasciare la Basilicata per cercare fortuna altrove e come vede il suo futuro e la possibilità per i tanti ragazzi come lei di farsi una famiglia?

«Una scelta che, attualmente, concordo pienamente, perché non siamo noi a scegliere di andarcene ma è il contesto che ci mette nella condizione di dover fuggire. Io stessa sto preparando una valigia per ogni porta che la mia terra mi chiude. Fare della mia passione una professione è praticamente impossibile qui in Basilicata, ma non ho mai disprezzato nessun lavoro e sono pronta ad imparare altri 10 mestieri pur di restare in Basilicata. Sono anni che invio curriculum e nessuno mi risponde perché paradossalmente richiedono gente con esperienza anche per vendere caramelle ai bambini, solo che ancora non ho ben capito dove sta il capo della corda e dove si acquisisce questa competenza se nessuno ci fa lavorare. Il desiderio di farmi una famiglia c’è ma è all’ultimo posto delle mie priorità perché il mutuo della casa non solo nessuno te lo concede se sei precario, ma pure se lavori non hai un’entrata adeguata che ti permette di acquistare una casa. Crescere dei figli in una precarietà di vita oltre che economica per me è inaccettabile».

Sto preparando una valigia per ogni porta che la mia terra mi chiude. Fare della mia passione una professione è praticamente impossibile qui in Basilicata, ma non ho mai disprezzato nessun lavoro e sono pronta ad imparare altri 10 mestieri pur di restare qui

Crede che riuscirà ad affermarsi e a trovare spazio nella sua passione per la musica facendola diventare un lavoro?

«Certo che sì».

Se potesse fare una richiesta a chi ci governa – sia a livello regionale che nazionale – cosa gli chiederebbe di cambiare nelle politiche per il lavoro e il welfare?

«In questo momento ho una richiesta ben specifica ossia di abolire l’uso dei voucher e dare pari dignità ad ogni lavoro. C’è la necessità di un cambiamento e questo può accadere soltanto se a noi giovani viene data l’opportunità di lavorare nel rispetto dei nostri diritti. Nessuno può fare bene il proprio lavoro e adempiere ai doveri richiesti se dapprima non viene rispettato come lavoratore». 

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