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La Basilicata è la regione più colpita dai tagli del governo sulla Scuola: incideranno per il 28,7% contro una media nazionale dell’8,8%

«ENTRO pochi giorni il governo dovrebbe emanare il decreto interministeriale che, facendo seguito alla legge di Bilancio, porterà a una riduzione drastica degli istituti scolastici nel nostro Paese con la scusa del calo demografico e stravolgendo le indicazioni del Pnrr».

È quanto si legge una nota della Flc Cgil (Federazione Lavoratori della Conoscenza) di Basilicata, per cui il risultato di questa operazione del governo «che eleva a 900 il numero minimo di ragazze e ragazzi per mantenere in vita un istituto», che «al termine del prossimo triennio le attuali 8.007 istituzioni scolastiche, attraverso smembramenti e accorpamenti di plessi e sedi, dovrebbero diventare 7.309». A livello nazionale.

«Secondo calcoli della Flc Cgil – poprosegue la nota -in questo modo saranno soppresse ben 698 unità scolastiche, pari all’8,8% di quelle attualmente esistenti, con pesantissime ripercussioni sul sistema scolastico. Oltre al taglio netto di circa 1.400 posti tra dirigenti scolastici e Dsga, si registreranno perdite di organico tra il personale Ata e tra i docenti, un notevole aumento della complessità organizzativa (in ordine al numero di sedi e Comuni a cui le istituzioni scolastiche dovranno rapportarsi) prevedibili difficoltà di gestione dell’offerta formativa, soprattutto nelle regioni del Sud, che la logica del Pnrr invece avrebbe dovuto maggiormente tutelare».

LA DENUNCIA DEL SINDACATO: «LA BASILICATA REGIONE PIÙ COLPITA DAI TAGLI SULLA SCUOLA»

In questo contesto, secondo il sindacato, la Basilicata è senza dubbio «la regione più colpita dai tagli» nella scuola. Con una scure che si abbatterà su «ben il 28,7% degli istituti scolastici». «Sono interventi con l’accetta, puramente numerici che non tengono conto della nostra realtà territoriale», afferma Paolo Fanti, segretario generale della Flc Basilicata.

«Il tema del calo demografico – prosegue Fanti – è serio, ma la politica locale non l’ha mai affrontato. Solo passività di fronte a un’onda che arrivava, spostandosi negli anni dalle scuole primarie a quelle secondarie. Cosa succederà quando bisognerà accorpare indirizzi di scuole superiori molto diversi, senza un progetto didattico ma solo l’esigenza di tagliare e risparmiare?». Ma i problemi si pongono anche per le scuole primarie.
«Da noi – ricorda Fanti – il numero delle pluriclassi è ormai tornato a livello degli anni 50. Non dico che il modello non può funzionare, ma certamente anche in questo caso si dovrebbero fare investimenti, e invece la logica è solo quella della riduzione».

Come in tutte le regioni, gli accorpamenti tra scuole anche distanti produrranno riduzione di organici, soprattutto tra presidi, dsga (direttori dei servizi generali e amministrativi, ndr) e personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario, ndr), ma anche grandi difficoltà organizzative che avranno pesanti ricadute sull’offerta formativa. A partire dagli spostamenti di studenti e lavoratori.

LE DIFFICOLTÀ NEGLI SPOSTAMENTI IN BASILICATA

«Da noi – attacca Fanti – per fare 70 chilometri ci vuole molto più tempo che in una regione come ad esempio l’Emilia Romagna e lo stato del trasporto pubblico non è un granché. Ci saranno dirigenti scolastici e dsga che dovranno viaggiare tutta la settimana se vogliono garantire la loro presenza nelle diverse sedi, a meno che non decidano di gestirne alcune da remoto, ma così il rischio concreto è che all’interno della stessa scuola ci saranno plessi di serie A e serie B: una sorta di autonomia differenziata all’interno dello stesso istituto».

«Se una cosa la pandemia ce l’ha insegnata – conclude segretario della Flc lucana – è che avere scuole e classi con numeri più bassi di alunni può essere una valore aggiunto. Ebbene, con il dimensionamento si va nella direzione opposta. E a soffrirne sarà ancora una volta la qualità dell’istruzione pubblica».
Flc Cgil Basilicata ha anche confermato l’intenzione già annunciata dalla segretaria generale nazionale Gianna Fracassi di per impugnare il decreto attuativo del governo. «Di fronte a questi numeri, infatti, poco vale l’Agenda per il Sud sbandierata dal ministro Valditara».

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