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IL telefono squilla di continuo, già da ieri sera. Ma l’ha trovato spento chi ha provato a rintracciare Antonio Zaza, padre di Simone, durante Norvegia-Italia. La partita da vivere in famiglia è un rituale che non si può disturbare. “L’ho seguita in uno dei quattro villaggi che gestiamo a Metaponto – ci racconta – insieme a mia moglie, a qualche parente e gli amici più stretti. In totale una quindicina di persone. Ho trovato la chiamata di Simone verso mezzanotte, era all’aeroporto prima di salire sul charter che l’ha riportato in Italia, ma evidentemente il mio telefono non prendeva”. Il tentativo, non andato a buon fine, di chiamare casa prima di salire con la testa tra le nuvole, lì dove non ama troppo viaggiare. Alla fine l’unico contatto nell’immediato post partita, per quanto indiretto, sono state le interviste di Rai Sport.

E’ migliorato tanto anche davanti alle telecamere – racconta Antonio – continua ad essere molto riservato e di poche parole, spero in questi giorni non soffra l’attenzione mediatica che si sta scatenando intorno a lui. Simone è vero, diretto, non è mai cambiato. Non c’è nulla di costruito in quello che dice. Quando ha dichiarato che fa fatica ad emozionarsi prima di una partita ha detto la verità, anche se dopo il gol ha realizzato la grandezza del momento e si è sciolto nell’abbraccio dei compagni”.

Se ne sentono tante in queste ore. La parabola della testa calda che poi si è redenta è la più diffusa. “L’etichetta più sbagliata possibile per mio figlio – prosegue Antonio – mi innervosisco ogni volta che sento questi discorsi. Anche da giovane Simone è stato sempre un bravo ragazzo, vivace ma educato. Ma non ha mai sopportato chi ha alzato la voce contro di lui in maniera inopportuna e a volte gli è capitato di rispondere per le rime. Ecco da dove deriva la nominata di testa calda. C’è modo e modo di urlargli dietro, Conte lo fa in maniera costruttiva, evidentemente in passato qualcuno ha superato i limiti. Ma adesso è cresciuto. Il carattere è sempre quello, riesce però a farsi scivolare addosso molte più cose”.

Poi c’è mamma Caterina, protettiva, attenta al look e contestatrice di una barba che non le scende giù, ma alla resa dei conti è comunque meno terribile della cresta di qualche mese fa. Simone è figlio unico e ha il volto della madre tatuato sul braccio. Un legame fortissimo, come quello per la sua terra.

Fino a fine giugno è stato in vacanza qui da noi, a Metaponto – svela Antonio – poi è partito per il ritiro con il Sassuolo, ma il 26 luglio ce lo siamo ritrovato qui, anche solo per mezza giornata. Era il compleanno di mia moglie e ha voluto farle una sorpresa. Caterina l’ha seguito passo dopo passo all’inizio della sua carriera. Nei quattro anni di Bergamo e nel primo di Genova ha vissuto con lui, avevamo preso una casa in fitto. Io facevo il pendolare, ma la mamma non ha mai lasciato Simone da solo. Poi dopo Genova nel 2011 ha spiccato il volo, anche come uomo, non aveva più bisogno di noi e siamo tornati a vivere stabilmente in Basilicata”. 

E una fidanzata famosa a casa l’ha portata? “No, in questo momento è single, ma è gelosissimo della sua sfera privata. Ci sono calciatori ben più affermati che hanno dimostrato come le due dimensioni possono rimanere separate. Lui sarà uno di quelli. Ha margini di miglioramento enormi, ma vuole diventare grande solo sul campo, al massimo sui giornali sportivi, non su altri tipi di giornali”. 

Twitter @pietroscogna

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