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Stephen Hawking, uno dei più grandi scienziati viventi, di recente ha scritto che “la matematica e la fisica sono capaci di dirci come è nato l’universo, ma non sono utili a spiegarci e a predire il comportamento umano (ndr: la vita)”. Secondo Hawking “ci sarebbero troppe equazioni da risolvere” e lui di sistemi di equazioni complesse certamente se ne intende!

Considerazioni in qualche modo simili le aveva scritte Claudio Magris un po’ di tempo fa in un articolo sul Corriere della Sera. L’argomento dell’articolo di Magris non è la scienza e i suoi limiti, ma la letteratura. Il titolo dell’articolo è: “La vita non si può spiegare, allora la raccontiamo” e contiene un dialogo tra Magris e Alberto Asor Rosa. Scrive Magris: “Ci sono realtà che si possono e debbono analizzare e altre che si possono e devono raccontare; l’una forma non è di per sé più o meno creativa dell’altra.” In queste parole c’è un parallelo con gli esempi dell’universo e della vita citati da Hawking, o almeno sembra esserci.

Magris accenna ad “un senso più acuto della complessità della vita che non si lascia spiegare, ma che si può comprendere solo raccontandola” come se volesse assegnare alla letteratura il compito di descrivere l’inspiegabile, di parlare di quello che analiticamente e formalmente non riusciamo a rappresentare e ad investigare fino in fondo, di quello che non possiamo modellare scientificamente a causa dei nostri limiti o per la sua intrinseca complessità.

Seguendo questa traccia che lega le affermazioni di Hawking alle argomentazioni di Magris, si potrebbe pensare che la narrazione letteraria non sia che una forma di espressione che l’uomo ha trovato per rappresentare quelle cose come la vita e il suo senso che finora la scienza non ci ha aiutato a comprendere pienamente. Naturalmente non possiamo trascurare il fatto che la scienza (e il suo metodo) e la letteratura (e la sua narrazione) sono due strumenti molto diversi tra loro. Mentre il metodo scientifico si è rivelato molto potente fino a diventare il “motore” principale per ricercare e trovare soluzioni concrete ai problemi pratici dell’uomo che la letteratura non potrà mai fornire, la scrittura letteraria permette di narrare “territori” che la scienza non riesce a descrivere e a spiegare. In questo senso la letteratura è un grande strumento per raccontare quello che la scienza non è capace di analizzare con le sue equazioni, come indicava Hawking.

Da questo dualismo nei secoli scorsi e fino a nostri giorni si è generato l’errore di pensare ad una contrapposizione tra scienza e narrazione letteraria. Alcuni lo hanno fatto per convenienza, altri per sincera convinzione. I danni di questa contrapposizione sono stati comunque tanti. Al contrario, se pensassimo a questi due strumenti generati dalla mente umana come due tentativi riusciti per tentare di capire cosa siamo e per rendere le nostre esistenze migliori, potremmo uscire da una dannosa contrapposizione considerando entrambi utili e necessari, magari anche più efficaci se consapevolmente complementari. Seguendo anche indicazioni come quelle del movimento fondato da John Brochman che appunto prende il nome di “Terza cultura” e che auspica una sintesi tra la cultura scientifica e quella umanistica senza che una componente ritenga di essere superiore all’altra, ma contaminando una con l’altra per far nascere nuovi saperi e nuove conoscenze sulla vita e sull’universo.

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