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SONO stati oltre duemila gli eventi sismici che hanno scosso il territorio italiano in un solo anno, dal primo ottobre 2010 al 31 ottobre 2011. Distribuiti essenzialmente lungo l’arco appenninico e, in misura minore, lungo quello alpino, hanno avuto una magnitudo locale maggiore o uguale a 2. Abruzzo, Calabria e Sicilia le regioni interessate da una maggiore frequenza. Il dato emerge dall’Annuario dei dati ambientali realizzato dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale), presentato questa mattina a Roma. 

Il margine tirrenico della Calabria e la Sicilia orientale, si legge nel documento, sono le zone in cui si sono verificati i più forti terremoti storici italiani, alcuni dei quali hanno raggiunto magnitudo maggiori di 7 (Calabria, Sicilia orientale e arco appenninico centro-meridionale). L’intera catena appenninica e le Alpi orientali sono state invece interessate da scosse intorno a magnitudo 6,5. In generale, sottolinea l’Ispra, la nostra Penisola rappresenta uno dei Paesi europei a maggiore pericolosità sismica.

Sempre in tema di eventi che danneggiano il territorio, nel 2011, l’Istituto di protezione e ricerca ambientale ha rilevato 70 eventi che hanno causato complessivamente 18 vittime. Eventi in seguito ai quali sono state oltre un migliaio le persone evacuate con ordinanza di sgombero e ingenti sono stati i danni alla rete autostradale, stradale e ferroviaria. I principali eventi di frana sono distribuiti su gran parte del territorio e, in particolare, in Liguria, Calabria e Sicilia. 

Con la collaborazione di regioni e province autonome, nel corso degli anni l’Ispra ha censito oltre 486mila frane che hanno interessato un’area di oltre 20.700 chilometri quadrati, pari al 6,9% del territorio nazionale. I comuni italiani interessati da frane sono 5.708, pari al 70,5% del totale, e 2.940 sono stati classificati con livello di attenzione molto elevato.

Quanto al consumo di suolo, a livello sono stati ormai superati i 100 ettari al giorno e la superficie impermeabilizzata copre più del 6% dell’intero territorio nazionale. I valori più elevati si registrano in Lombardia, Veneto e Campania con concentrazioni maggiori in corrispondenza delle aree urbane e lungo i principali assi stradali. Il fenomeno assume proporzioni più ampie nelle grandi aree di pianura dove agli effetti indotti dall’urbanizzazione devono essere sommati anche quelli derivanti dall’agricoltura intensiva (compattazione dei suoli). Nelle principali aree urbane, il soil sealing, in alcuni casi, si estende ormai anche per più della metà del territorio comunale, superando il 60% nei comuni di Milano e Napoli. Il trend crescente vede, nel solo comune di Roma, un incremento della superficie impermeabile, pari a più di 300 ettari annui.

 

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