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Qualche giorno fa, all’età di 89 anni, è mancato Marcello Cini. Aveva attraversato quasi un secolo da uomo di scienza e persona di notevole impegno civile. Marcello Cini era un fisico teorico di grande valore, e anche se questo sarebbe sufficiente per ricordarlo, occorre chiarire che la sua biografia è ricca di tante altre cose: è stato anche un epistemologo ascoltato, un ambientalista storico, un pacifista membro del Tribunale Russell, un marxista impegnato e critico negli anni ’60 e ’70 e un po’ pentito negli anni recenti.

Ero un imberbe liceale la prima volta che ebbi tra le mani L’ape e l’architetto, il libro che Cini scrisse insieme ad altri suoi colleghi per parlare del senso della scienza e del suo ruolo nel XX secolo. Un argomento di base del libro è il carattere storico della scienza, la sua non neutralità e il suo legame alla società da cui essa nasce. Non ricordo se avessi comprato io il libro o me lo aveva prestato il mio amico Giovambattista con cui condividevo diverse curiosità scientifiche. Lo avevo letto, forse più per presunzione che per consapevolezza (a 16 anni la prima è certamente superiore della seconda), ma adesso, ahimè dopo tanto tempo, lo ricordo ancora, non soltanto per la sua semplice copertina bianca, ma per le tante cose che Cini e colleghi ci avevano messo dentro.

Il discorso su L’ape e l’architetto sarebbe troppo lungo, ma giusto per orientarci, chiariamo subito che per Cini l’architetto è lo scienziato e quel titolo nasce da una riflessione scritta nel libro primo del Capitale del vecchio Carlo Marx : “L’ape fa vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall’ape migliore, è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. Alla fine del processo lavorativo emerge un risultato che era già presente al suo inizio nell’idea del lavoratore.” In questa frase c’è la capacità di astrazione, la concettualizzazione, degli umani contro l’eleganza pratica degli animali. Inutile dire che per Cini e i suoi co-autori, la concettualizzazione scientifica è figlia non soltanto della ricerca della verità, ma anche della società in cui lo studioso vive che lo condiziona. La loro visione era esplicitamente materialistica, ma di fatto quel libro portò una critica profonda anche alle idee delle parte politica da cui gli autori provenivano.

Un’altra cosa sorprendente che si può leggere in quel vecchio libro del 1976 è la previsione di Cini sulla diffusione dei computer e dell’informatica: “Io sono abbastanza convinto che nei prossimi venti o trenta anni avremo uno sviluppo dell’industria dei calcolatori derivante dall’aumento del consumo privato del calcolatore, esattamente analogo a quello che è stato il consumo privato dell’automobile. … Questo sviluppo introdurrà forme di selezione ulteriore, di asservimento ulteriore, di competizione ulteriore, di imprigionamento dell’uomo in una logica sempre più inesorabile, dovute soprattutto al consumo privato.

Forse la morte di Marcello Cini in questa fase post-berlusconiana, non del tutto realizzata e con effetti patologici gravi, sembra un fatto naturale. Non tanto per la sua età avanzata, ma perché un uomo come Cini così lontano dal malaffare, impegnato nell’ambientalismo, critico sul ruolo della scienza nella nostra società, sul suo sfruttamento capitalistico non si poteva certo trovare  a suo agio in questi tempi. Uno studioso preoccupato della tendenza a far diventare merce la ricerca scientifica e la produzione dell’informazione – che sembra servire soltanto se si vende – di questo mondo in cui gli scienziati che sbagliano previsioni su imprevedibili terremoti sono condannati per omicidio, non era certo entusiasta.

Marcello Cini, non sarà ricordato in trasmissioni televisive di successo, in prima serata nei sabato sera. Quelle servono per gare tra imitatori di cantanti di terza serie, o per reality di artisti falliti da riciclare. Dunque è del tutto normale che lì non ci sia spazio per un fisico teorico e un ambientalista che ha scritto pagine di scienza importanti ancora oggi. Tuttavia, se a qualcuno capiterà di leggere L’ape e l’architetto o solo qualche nota biografica su Marcello Cini, certamente lì troverà tanti motivi di riflessione sulla scienza, sulla nostra società e sul senso di molte cose della vita di noi umani, come, ad esempio, nella sua bella frase sulla curiosità: “Dalla curiosità non si va in pensione: finché sei curioso sei vivo, quando non hai più curiosità smetti di vivere.

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