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Tra i filari di verza mi sento beatamente solo, o comunque ho la vertiginosa sensazione di essere in netta minoranza (ed è una sensazione che provo spesso, anche fuori dall’orto) a farmi, appunto, i cavoli miei (almeno quì, posso). Ma l’istituto di ricerche economiche Nomisma e la storica rivista Vita in Campagna mi informano che stavolta non ho motivo di sentirmi unico; e non so se esserne infelice o no: in Italia ci sono 1.200.000 hobby farmer, 2.700.000 coltivatori per passione, 3.500.000 hobbisti giardinieri; quasi sette milioni e mezzo di persone (14,6% della popolazione maggiorenne, il 30% delle famiglie secondo l’Istat) impegnati in attività amatoriali di coltivazione e cura del verde.
Sì, è questo il dato emerso dalla ricerca sul fenomeno italiano dell’hobby farming, ovvero di coloro che non sono contadini, giardinieri o coltivatori di professione, né il loro scopo è guadagnare dalla vendita dei prodotti; il loro unico fine è l’edonistico godimento personale o, al massimo, famigliare dell’attività stessa del cazzeggio agricolo.
C’è però un dato che mi ha un po’ rassicurato: la passione per l’orto e il giardino nel tempo libero è più diffusa al Nord; il che significa che ancora per un po’ non avrò vicini di orto che rompono con consigli, domande e scambio di semi. Sempre che Roberto De J. – che è andato in fissa con questa storia dell’agricoltura – non decida di comprare veramente quel terreno al fianco del mio.

Già lo vedo che fa capolino dalla siepe!

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