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Rosy Bindi ha dentro di sé un motore diesel. Cammina piano ma va lontano. Rende nelle lunghe distanze. Quando i suoi referenti calabresi le hanno chiesto di presentarsi in provincia di Reggio Calabria attraverso le primarie, la vulgata più gentile le ha rovesciato addosso un sacco di contumelie. Tipo: catapultata, paracadutata, imposta, raccomandata, scampata alla rottamazione. Lei, però, non si è fatta intimidire, non si è curata dei velenosi apprezzamenti e ha tirato diritto per la sua strada. Oggi si sta dimostrando non solo all’altezza della situazione ma anche un unguento medicamentoso per il corpo ancora gracilino del Pd calabrese. 
Rosy Bindi sta entrando con competenza e sicurezza nel vivo di temi e dei problemi locali di rilevanza regionale. Si esprime come una consumata expertise. Parla di sanità, di rifiuti, corre nella Sibari allagata, va sul Pollino terremotato, percorre il Jonio, setaccia il Tirreno, attraversa la montagna, la collina, le pianure.  Gira palmo palmo tutti i comprensori regionali. La invitano le città, i paesi, i borghi. Insomma, è molto gettonata. Quasi da far pensare che il suo non è solo un dovere di dirigente ma anche l’immergersi in un ruolo di supplenza. Sostituisce una leadership regionale che manca. In un partito commissariato da tre anni dove s’è persa l’uniformità degli intenti, la visione d’assieme, il parlare avendo una veduta generale dei problemi che non siano le solite giaculatorie, le minestre riscaldate di sempre. 
Rosy Bindi, con la sua esperienza, la sua grinta, la sua tenacia, talvolta con la sua apparente monotonia e l’ingannevole sciatteria, ha dimostrato, sta dimostrando, se mai ce ne fosse bisogno, che il suo paracadute si è guadagnato l’incolumità della discesa. Chi l’ha vista all’opera in questi giorni ha trovato una Bindi umile, disponibile, prodiga a dispensare consigli. Diversa dalla sacerdotessa che fece barriera contro «l’intruso» Renzi, i cui consensi oggi servirebbero come il pane al Pd. Vestita di nero come Dolores Ibarruri, la pasionaria spagnola, sembra una rassicurante come una zia. 

Rosy Bindi ha dentro di sé un motore diesel. Cammina piano ma va lontano. Rende nelle lunghe distanze. Quando i suoi referenti calabresi le hanno chiesto di presentarsi in provincia di Reggio Calabria attraverso le primarie, la vulgata più gentile le ha rovesciato addosso un sacco di contumelie. Tipo: catapultata, paracadutata, imposta, raccomandata, scampata alla rottamazione. Lei, però, non si è fatta intimidire, non si è curata dei velenosi apprezzamenti e ha tirato diritto per la sua strada. Oggi si sta dimostrando non solo all’altezza della situazione ma anche un unguento medicamentoso per il corpo ancora gracilino del Pd calabrese. Rosy Bindi sta entrando con competenza e sicurezza nel vivo dei temi e dei problemi locali di rilevanza regionale. Si esprime come una consumata expertise. Parla di sanità, di rifiuti, corre nella Sibari allagata, va sul Pollino terremotato, percorre il Jonio, setaccia il Tirreno, attraversa la montagna, la collina, le pianure.  Gira palmo palmo tutti i comprensori regionali. La invitano le città, i paesi, i borghi. Insomma, è molto gettonata. Quasi da far pensare che il suo non è solo un dovere di dirigente ma anche l’immergersi in un ruolo di supplenza. Sostituisce una leadership regionale che manca. In un partito commissariato da tre anni dove s’è persa l’uniformità degli intenti, la visione d’assieme, il parlare avendo una veduta generale dei problemi che non siano le solite giaculatorie, le minestre riscaldate di sempre. Rosy Bindi, con la sua esperienza, la sua grinta, la sua tenacia, talvolta con la sua apparente monotonia e l’ingannevole sciatteria, ha dimostrato, sta dimostrando, se mai ce ne fosse bisogno, che il suo paracadute si è guadagnato l’incolumità della discesa. Chi l’ha vista all’opera in questi giorni ha trovato una Bindi umile, disponibile, prodiga a dispensare consigli. Diversa dalla sacerdotessa che fece barriera contro «l’intruso» Renzi, i cui consensi oggi servirebbero come il pane al Pd. Vestita di nero come Dolores Ibarruri, la pasionaria spagnola, sembra una rassicurante zia. 

 

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