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Recita un proverbio calabrese: “Si vidi nu jejju e nu lupu, spara aru jejju e lassa u lupu”. Traduzione: Se vedi uno jejjo e un lupo, spara lo jejjo e lascia il lupo. Cos’è lo jejjo? E’ riferito alla casta di origine albanese trapiantata in svariate zone della Sila da ormai centinaia d’anni. Insomma, è un modo simpatico e amichevole con cui vengono chiamati i nostri conterranei di lingua e cultura arbëresh. Lo jejjo politico più conosciuto in questo momento è Damiano Guagliardi, comunista a 34 carati. Già assessore al Turismo nell’ultima (in ordine di tempo) giunta Loiero, Guagliardi nelle ultime elezioni regionali era rimasto fuori da Palazzo Campanella, superato da Ferdinando Aiello che è stato eletto deputato. Sicché il buon Damiano ritorna nell’assemblea regionale. E molti sperano che la sua presenza tra i banchi della minoranza coincida con l’inizio di una vera e propria opposizione. Che di fatto è mancata in questi primi tre anni. Damiano Guagliardi ha poi un conto in sospeso col governatore Scopelliti che lo definì a suo tempo «un albanese», e lui rispose di essere «un arbëresh», ossia un italo albanese, fiero della sua identità personale culturale. Appena finita la precedente consiliatura regionale Damiano Giagliardi scrisse un libro, “La rivolta delle pulci” (Pellegrini, 2010). Un libello rovesciato (nel senso che è satirico senza essere ingiurioso), capendo che il modo più veloce per metabolizzare il distacco (dal potere) ed esorcizzare i postumi del medesimo fosse quello di affidare alle pagine di un libro il sogno che per tutti i giorni degli anni, e non sono stati pochi, l’ha accompagnato viaggiando dal nord al sud della Calabria, da Spezzano Albanese a Reggio Calabria, lungo quella specie di autostrada che si chiama A3 che il premier Berlusconi. L’autore, nell’occasione ha confessato di aver usato il fumetto Tex Willer «come sonnifero per affrancarsi dalla politica». Il libro è la narrazione di un sogno. Che il 2 aprile 2014 il consigliere regionale Carmine Loricchio, al secolo Damiano Guagliardi, si rechi all’inaugurazione della nuova e unificata sede della Regione Calabria ubicata nella piana di Lamezia; più precisamente nel cuore dell’istmo, il feudo di Maida, vero baricentro geografico della Calabria. Avvertendo l’autore nella postfazione che i personaggi del romanzo sono immaginari. Of course. Vero sino a un certo punto perché il lettore potrà agevolmente ritrovare volti, tic, sgambetti, panegirici, stilemi, vizi, lazzi e intrallazzi, e persino cascami erotici, della ricca fauna che popola l’aula consiliare, l’emiciclo, le stanze, i corridoi dei palazzi del governo regionale. In questo habitat, ricco di descrizioni e lungo un filo narrativo scorrevole, si crea e ricrea nel racconto dell’autore lo spaccato di costume della vita di un consigliere regionale. Ma la trama pende dalla storia immaginata e surreale che si conclude formulando un interrogativo. «Quale sarebbe stato l’andamento istituzionale e politico in Calabria se in questi quarant’anni di regionalismo gli uffici del Consiglio regionale e della Giunta fossero stati accorpati nello stesso palazzo?».

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