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Una pausa. Forse ne abbiamo bisogno. In quei luoghi dove si sublima la civiltà del caffè. Il Caffè, appunto. Scrive Claudio Magris: «Il Caffè era ed è un potenziale grembo di letteratura, un terreno fecondo per la sua gestazione, perché unisce solitudine e socievolezza, quella interiorità raccolta, ma immersa nel mondo e aperta ad esso che è condizione essenziale per la scrittura e per ogni creazione». Piazza letteraria, agorà culturale che ancora resiste alla desertificazione urbana provocata dalla massificazione dei centri commerciali. Continua il pensatore mitteleuropeo: «Il Caffè è un salutare antidoto al collettivo assembleare o all’anonimato interscambiabile della società, in cui si spengono le diversità individuali, come nelle narcisistiche torri d’avorio e alla soggettività egocentrica che vede solo se stessa. Non è un teatro del sociale, né l’ipertrofia dell’io, bensì della riservatezza e della socievolezza. Per questo è stato ed è così propizio all’ arte». Tanti nomi da ricordare e, soprattutto, da frequentare. In ogni parte del mondo, dal White Horse Tavern di New York al Caffè Greco in via Condotti a Roma. E mettiamoci pure i nostri Caffè Renzelli di Cosenza e Caffè Imperiale di Catanzaro. E non perdiamo di vista la prossima apertura a Parigi de “Il café des chats”, il caffè dei gatti, dove sarà data la possibilità ai clienti di passare il tempo con dieci mici. Un progetto che è stato subito imitato a Londra con il “Lady Dinah’s Cat Emporium”. Senza dimenticare il caffè sospeso. Tipica filosofia partenopea raccontata in un libro da Luciano De Crescenzo: «Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo…». 

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