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Questo era l’ordine che il capitano dei vecchi vaporetti a vapore annunciava nel megafono al fuochista prima dell’approdo. Voleva dire: “Stai pronto ad azionare la marcia indietro” manovra che richiedeva una serie di operazioni preparatorie incompatibili con la rapidità. La frase era stata adottata con senso dell’umorismo e di scherno dai veneziani, quando volevano additare qualcuno che svolgeva un lavoro con scarso impegno. Sono sicuro che, a causa della giovane età, la maggior parte dei lettori di questa bella pubblicazione di Riccardo Perale non hanno mai visto un vero vaporetto. Uno di quelli che avevano la caldaia a carbone che produceva il vapore per farli funzionare. Da qui anche il nome. La forma negli anni non è cambiata di molto. Lo scafo è dislocante e copia quello dei grandi bastimenti. Non è il massimo per una certa risacca provocata dal pescaggio che richiama acqua da sotto le fondamenta dei palazzi ad ogni passaggio in Canal Grande . Non sono un gran che anche sotto il profilo della stabilità con il peso dei passeggeri sopra il livello dell’acqua. Durante lo svolgimento di una delle gare aeree della Coppa Schneider un vaporetto si rovesciò perché tutti i passeggeri erano corsi su un fianco per veder passare gli aerei. Ma, anche con tutti questi difetti, il vaporetto rimane un simbolo della città. Come i Cable Cars di San Francisco. Vaporetti erano, almeno all’inizio, anche quelli che facevano servizio per le isole della laguna. I primi, a vapore, furono sostituiti da altri con il motore diesel. Avevano due cabine. Una a prua e l’altra a poppa per riparare i passeggeri dai rigori dell’inverno durante la traversata della laguna. Questi nuovi motori a basso regime emettevano dalla ciminiera uno strano suono che assomigliava alla parola Patate ripetuta in continuazione. Così da giovani li chiamavamo “I patate” e per ottenerne l’imitazione perfetta del ritmo bisognava essere in due. Uno ripeteva “Patate, patate” e l’altro “Tazum, tazum” in sincronia. Anche questi ultimi avevano un macchinista che obbediva agli ordini che arrivavano con la voce del capitano attraverso un tubo dalla piccola cabina di comando. I tempi sono cambiati, ma i vaporetti sono rimasti più o meno gli stessi. Modernizzati nei comandi, ma non al passo con i progressi dell’ingegneria navale. Riccardo Perale li ha idealizzati in forme oniriche. E’ stato talmente bravo da farli sembrare belli. 

Arrigo Cipriani da “Vapore d’acqua”
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