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Da cronista politico e non certo da militante politico sono stato alla sede nazionale del Partito democratico cinque volte. La sede è nel cuore di Roma, tra Piazza di Spagna e Piazza San Silvestro, in una strada stretta e molto animata. Il portone d’ingresso è su Via Sant’Andrea della Valle che sbocca nel Largo del Nazareno. Ricordo, superato il lungo androne che sembra un disimpegno della metropolitana, l’impatto con tante scale, stanze, soppalchi e corridoi. Stretti e spartani. Molto cartongesso. Insomma, una cosa di sinistra. Al piano terra gli studi di YouDem dove ricordo la presenza di un’efficientissima e severa Chiara Geloni; e poi un via vai di persone prossime a mulinare cose indefinite. Lo status dei big, oltre alla notorietà televisiva, sembrava darlo lo spessore della mazzetta di giornali sotto il braccio. Un rimandando a Eugenio Montale: «L’intellettuale giunge all’appuntamento con un pacco di giornali in mano; si scusa del ritardo si congeda dicendo che “deve andare in un posto”. Dove andrà? È aperto un “concorso pronostici” per saperlo». La cosa migliore dell’anonimo palazzo è la terrazza che introduce alla sala riunioni. Un’affacciata mozzafiato sui tetti di Roma specie al tramonto. Mi indicarono un lato della terrazza confinante con la residenza romana di Fedele Confalonieri. Un segno del destino. La terrazza è una sorta di confessionale laico. In primavera e in autunno è un paradiso: si fuma, si chiacchiera, si cazzeggia, si fanno commenti, si costruiscono intrighi e – perché no? – si prendono decisioni. L’ultima volta che ci sono andato è stato due anni fa. Non so che aria tira adesso. Sicuramente un’aria diversa da quando è arrivato Matteo Renzi con la sua idea di fare le riunioni alle 7,30 del mattino quando la Roma politica è ancora in pieno sonno. Anche di questo ha parlato Silvana Giuffrè, funzionaria del Pd e militante storica del Pci, intervistata da Carlo Bertini de La Stampa. Descrivendo il primo impatto con il sindaco di Firenze la Giuffrè e commentando la leggenda delle alzatacce ha detto: «Ma il palazzo già prima apriva alle sette e mezza e gli uffici aprono alle nove. Quindi non è quello il punto. Certo prima del suo arrivo, per noi che non lo conoscevamo, che venivamo dal Pci-Pds-Ds, nulla era scontato. Provavamo una certa timidezza, che derivava dal non riuscire a capire chi realmente fosse. Poi il primo giorno che è venuto qui, Renzi è piombato nella mia stanza e mi ha chiesto: “Dove devo andare?”. Ecco, con questo suo modo di fare diretto, si è creata una certa empatia. Io sono una che ha votato Cuperlo, ma posso dire che quella di Renzi è stata una ventata dia ria fresca, una cosa di cui si aveva necessità e bisogno. Insomma, rendendo onore a chi c’è stato prima di lui, questo ricambio che noi non percepivamo come necessario, invece lo era eccome». Ma la rivoluzione continua se è vero che Francesco Bonifazi, nuovo tesoriere del partito, ha introdotto la timbratura del badge. Ma il ponentino in Calabria quando arriva?

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