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CATANZARO – Solo il 54 per cento dei Comuni calabresi è dotato di un piano di emergenza comunale regolarmente presentato alla Protezione civile nazionale (Sull’edizione cartacea de Il Quotidiano del Sud l’elenco completo dei comuni in regola). Si tratta di uno strumento indispensabile in caso di terremoti, alluvioni, frane e tutti i fenomeni dell’emergenza. Il primo anello della catena della macchina dei soccorsi che consente alle istituzioni di predisporre e coordinare operazioni ed interventi. Eppure, già a partire dal 2002, sono stati distribuiti fondi ai Comuni dalla Protezione civile proprio con la finalità di redigere o aggiornare questi strumenti per fronteggiare le emergenze e salvare vite umane.

Non avere un piano comunale di protezione civile significa che non si conosce chi fa cosa, come e quando. Significa non avere quella mappa che, a livello comunale, indica dove andarsi a proteggere, in quale piazzola del proprio quartiere, e a chi competono determinate responsabilità e quali. Accade in Calabria, la regione a più alto rischio naturale sismico d’Italia, e a questo si aggiunge l’altissimo rischio idrogeologico, se sommiamo i due aspetti siamo altamente al di sopra di tutte le altre regioni. I due fenomeni insieme, creano un vero e proprio unicum.

Ma guardando ai dati (aggiornati al 18 settembre 2015) del sito della Protezione Civile nazionale, risulta che sono 190 i Comuni calabresi che ancora non hanno reso noto questo strumento per coordinare le operazioni in caso di emergenza, primo anello della una catena regionale.

Su 409 Comuni calabresi i Comuni col piano sono 219, appunto il 54 per cento del totale. Questo dato va capito ancora meglio se rapportato con quelli delle altre regioni.La Calabria è agli ultimi posti, attualmente, per numero di piani di emergenza comunali presentati al dipartimento di Protezione civile nazionale, infatti vediamo che la percentuale più bassa di Comuni dotati di piano è quella della Campania, col 39 per cento, a seguire Lazio, 40 per cento, Sicilia, 49 per cento e poi appunto il dato calabrese.Ma a sorprendere è il divario con tutte le altre regioni, infatti negli altri territori risulta una copertura spesso totale, al 100 per cento o giù di lì in percentuale, di Comuni che hanno regolarmente presentato il piano. Una situazione che “non solo desta preoccupazione, ma va fronteggiata e il prima possibile”, sostiene Carlo Tansi direttore della Protezione Civile calabrese.

Nella nuova Protezione Civile regionale guidata da appena due mesi da Tansi, geologo esperto tra le altre cose nel settore della difesa del suolo e del rischio sismico e che ha prestato attività per il Cnr Irrpi, vi è forte attenzione verso questo stato di cose. “Sì ci troviamo di fronte a dati che destano preoccupazione e a una situazione che va affrontata – afferma il neo direttore, – anche perché voglio aggiungere che i Comuni che hanno un piano, molto spesso ce l’hanno obsoleto o non aggiornato, il che equivale a non averlo. Tra quelli che l’hanno aggiornato, infine, spesso il piano di emergenza è solo formale, lettera morta quindi inutile, perché non viene comunicato e diffuso, come si fa nelle scuole in Giappone, per esempio, attività che avvieremo prestissimo”. Ma c’è di più. Tra i pochi comuni “virtuosi” che cioè hanno il piano e ce l’hanno aggiornato, si è visto che spesso sono dei copia e incolla. “Nei paesi di montagna – racconta Tansi – si è letto di fenomeni di tsunami. In altri casi – continua la denuncia – il copia e incolla era provato dall’esistenza di nomi di altri Comuni all’interno del Comune di cui si scriveva”.

La prevenzione, in Calabria, sembra poco praticata anche a livello provinciale, perché, dice ancora il capo della Protezione Civile regionale “quattro province calabresi non hanno inoltre aggiornato il cosiddetto Piano di previsione e prevenzione dei rischi (tranne quello di Cosenza che l’ha aggiornato nel 2014), ma se non si conoscono le fonti di rischio non si può pianificare nella scala provinciale”. Incompetenza, superficialità? Perché un Comune non ha un piano di emergenza? “Sì ci sono entrambe queste ragioni” – è la denuncia di Tansi, che intende portare avanti un’attività di educazione e prevenzione nelle scuole come uno dei primi interventi della nuova Protezione civile regionale che si trova ad operare in un contesto al momento pieno di carenze.

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