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ROMA – A distanza di poco più di due anni arriva la decisione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio sullo scioglimento del comune di Badolato per infiltrazioni mafiose. (LEGGI LA NOTIZIA DELLO SCIOGLIMENTO).

I giudici amministrativi hanno ritenuto legittimo il provvedimento con il quale nel maggio 2014 è stato disposto lo scioglimento del Consiglio comunale di Badolato. Il Tar del Lazio ha, infatti, emesso una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dall’ex sindaco e dai consiglieri comunali di maggioranza (LEGGI LE ACCUSE MOSSE AL SINDACO).

Alla base dello scioglimento – ne dà conto il Tar nella sentenza – «vi era l’assunto secondo cui le azioni amministrative poste in essere in sei anni di attività (dal 2008 al 2013) sarebbero state indirizzate a favorire, direttamente o indirettamente, esponenti delle organizzazioni criminali e loro affiliati».

Per il Tar «i provvedimenti amministrativi impugnati – si legge nella sentenza – hanno approfondito il collegamento ‘indiretto’ e concausale tra la gestione del Comune e l’infiltrazione della (o il favoritismo verso la) criminalità locale, dando rilievo a numerosi episodi ben determinati, tali da rendere, nel loro insieme, non palesemente illogica l’ipotesi di una soggezione degli amministratori dell’ente alla consorteria locale, indipendentemente dalla sussistenza di elementi sufficienti per l’avvio dell’azione penale o anche per l’adozione di misure individuali di prevenzione».

LEGGI LA NOTIZIA DELLA CONSEGNA DELLA RELAZIONE
SULLO SCIOGLIMENTO AL PREFETTO DI CATANZARO

In più, per i giudici amministrativi «la relazione prefettizia sintetizza nella maniera migliore l’operato che ha spinto alla conclusione orientata allo scioglimento del Consiglio comunale in quanto, a prescindere dalla valenza sul piano penale dei singoli episodi, l’insieme di tutte le circostanze rappresentate denotava un preoccupante livello di compromissione della regolare funzionalità dell’ente locale in questione, a causa di inadeguatezza delle prassi operative, carenza di controlli e omissioni anche di prescrizioni legislative che, seppur riconducibili talvolta all’apparato burocratico, non potevano non essere considerate dall’organo politico il quale era, dal canto suo, ben consapevole della sussistenza di organizzazioni malavitose operanti sul territorio e, pertanto, doveva con la maggior attenzione possibile vigilare su una corretta e legittima gestione della macchina amministrativa».

Il ‘quadro’ emerso «rende quindi ragionevolmente plausibile la conclusione per la quale l’attività dell’ente era, sia concretamente che potenzialmente anche per il futuro, permeata e permeabile a possibili ingerenze e pressioni da parte della criminalità organizzata specificamente individuata». Tutti elementi che «possono essere ritenuti idonei a configurare i presupposti di concretezza, univocità e rilevanza richiesti ai fini dello scioglimento del Consiglio comunale».

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