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Una corsia d'ospedale

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CATANZARO – I fondi per la sanità privata scatenano un nuovo scontro tra il commissario ad acta per il Piano di rientro dal disavanzo sanitario, Massimo Scura e le organizzazioni sindacali e di categoria. 

Al centro della polemica, i fondi a disposizione delle strutture private. Il commissario, davanti alle prime proteste, non ha usato certo mezzi termini: «Leggo da più parti interventi sui “budget ai privati” che, in assenza di dati corretti generano non poca confusione, anche perché mi sembra che pochi abbiano letto fino in fondo i decreti 70 e 72». La posizione di Scura è netta: «Innanzitutto va chiarito che i fondi a disposizione sono definiti dalla legge e non dal commissario. Inoltre, come i privati sanno benissimo, ormai da tre anni la Regione non assegna budget a loro, pagando a piè di lista a fine anno tutto quanto prodotto, come fatto fino al 2014 quando si distribuivano soldi e i privati producevano per quanto accreditati, senza alcuna programmazione regionale. Ora la Calabria, per mano del Commissario, “acquista prestazioni” e, più precisamente “acquista le prestazioni che servono ai calabresi” e che servono a ridurre la mobilità passiva da tutti giustamente esecrata. Il fondo per gli acquisti da privato, acuti e post acuti più ambulatoriali – precisa – è rimasto costante (per le prestazioni sociosanitarie il fondo è leggermente cresciuto, ma esula da questo ragionamento). Semplicemente sono cambiati gli acquisti seguendo questi principi: si premiano le strutture private appropriate che offrono prestazioni ad alta complessità e che contrastano la mobilità extra regionale a scapito di chi offre prestazioni di minor complessità, come quelle ambulatoriali o di laboratorio; non si comprano prestazioni per le quali le strutture pubbliche, grazie a investimenti in personale e attrezzature, possono fare da sole».

Le associazioni di categoria non ci stanno. Francesco Bilotta (Associazione strutture ambulatoriali private accreditate Calabria) ed Edoardo Macino (Associazione nazionale istituzioni sanitarie ambulatoriali private accreditate) dell’Asa rispondono al commissario: «Il commissario Scura sulla giustificazione ai tagli ai laboratori privati accreditati mente. E lo spiegheremo in termini semplici e chiari, quasi elementari, auspicando che il commissario alla Sanità della nostra Regione possa finalmente comprendere». 

«Dunque: esiste un Piano sanitario regionale triennale (2016/2018) in cui è stata fissata una spesa per le prestazioni sanitarie presso strutture private accreditate. Questi importi sono stati stabiliti dall’ingegnere Scura e approvati dal tavolo “Adduce” (ex “Massicci”), cioè i ministeri di Finanze e Sanità. Si tratta di 194 milioni di euro all’anno per le case di cura private accreditate; 63 milioni sono stati attribuiti ai laboratori privati accreditati. Il totale fa 257 milioni di euro. Il commissario Scura nel 2016 rispetta questo piano. L’anno dopo, con un suo decreto, sposta 11 milioni di euro dai laboratori verso le case di cura. Noi ci appelliamo al Tar, che si pronuncerà il 12 aprile prossimo. Intanto Scura, nonostante la vertenza in corso, con due decreti emanati proprio in questi giorni, rincara la dose e porta a circa 20 milioni lo spostamento di sempre dai laboratori verso le case di cura».

«Scura – aggiungono Bilotta e Macino – giustifica questi spostamenti con la necessità di finanziare prestazioni di maggiore complessità a dispetto di quelle a minore complessità, come le analisi di laboratorio, per ridurre l’emigrazione sanitaria. Scura mente. Mente sull’emigrazione sanitaria che continua a crescere. Scura mente anche sulla necessità di finanziare prestazioni più complesse, e vi spieghiamo perché. Alle case di cura la Regione dà soldi per i ricoveri (quindi prestazioni sanitarie considerate complesse), e in questa cifra all’inizio era compreso tutto, cioè dall’intervento più complicato e fino all’unghia incarnita. Scura che fa, decide che l’unghia incarnita diventa un capitolo di spesa a parte per le case di cura, e per finanziarlo sottrae soldi ai laboratori privati».

Su queste basi, il dialogo sembra non esserci, dal momento che le due associazioni aggiungono: «Dunque: esiste un Piano sanitario regionale triennale (2016/2018) in cui è stata fissata una spesa per le prestazioni sanitarie presso strutture private accreditate. Questi importi sono stati stabiliti dall’ingegnere Scura e approvati dal tavolo “Adduce” (ex “Massicci”), cioè i ministeri di Finanze e Sanità. Si tratta di 194 milioni di euro all’anno per le case di cura private accreditate; 63 milioni sono stati attribuiti ai laboratori privati accreditati. Il totale fa 257 milioni di euro. Il commissario Scura nel 2016 rispetta questo piano. L’anno dopo, con un suo decreto, sposta 11 milioni di euro dai laboratori verso le case di cura. Noi ci appelliamo al Tar, che si pronuncerà il 12 aprile prossimo. Intanto Scura, nonostante la vertenza in corso, con due decreti emanati proprio in questi giorni, rincara la dose e porta a circa 20 milioni lo spostamento di sempre dai laboratori verso le case di cura. Così facendo Scura finanzia quelle prestazioni sanitarie minori nelle case di cura così come sono quelle a cui sottrae risorse per i laboratori privati. E questo è un fatto incontrovertibile. Scura mente anche sulle accuse che ci muove circa il non avere attuato la rete in cui, dice il commissario, la sanità pubblica è stata più brava. Ciò che omette di dire – continua la nota di Bilotta e Macino – è che mentre accorpando varie strutture e facendo rete nel pubblico i dipendenti in esubero vengono assorbiti dal servizio sanitario pubblico, se noi facessimo rete (e garantiamo al commissario che saremmo in grado, nonostante il suo dileggio nei nostri confronti) dovremmo licenziare il personale in esubero, cioè oltre 400 persone perderebbero il posto di lavoro. A meno che il commissario Scura prenda pubblicamente l’impegno di assumere tutti nelle strutture pubbliche».

 

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