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Paolo Mascaro

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LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, (Ivo Correale presidente, Roberta Cicchese relatore e Roberta Ravasio consigliere) ha accolto il ricorso presentato dal sindaco, Paolo Mascaro, e da cinque ex assessori (Giuseppe Costanzo, Stefania Petronio, Simone Cicco, Elisa Gullo e Michelangelo Cardamone) ed ha di conseguenza annullato gli atti relativi allo scioglimento del Consiglio comunale di Lamezia Terme sciogliendo così la riserva che aveva posto nel corso dell’ultima udienza lo scorso gennaio.

Laconico il commento su Facebook dell’amministratore riportato in sella dai giudici amministrativi: «Non ho commentato, non commento, ne prendo atto. Forza Lamezia, sempre nel nostro cuore».

In ogni caso, l’annullamento è stato deciso perché, per i giudici del Tar del Lazio, «gli atti gravati non sono riusciti ad evidenziare, per assenza di univocità e concretezza delle evidenze utilizzate, la ricorrenza di un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, tale da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali in quanto tesa a favorire o a non contrastare la penetrazione della suddetta criminalità nell’apparato amministrativo».

Il consiglio comunale di Lamezia Terme era stato sciolto per sospette infiltrazioni mafiose nel novembre 2017 (LO SCIOGLIMENTO DI 5 COMUNI CALABRESI TRA CUI LAMEZIA) da lì è iniziata la battaglia dell’ex sindaco ora riportato dal Tar al suo ruolo di primo cittadino contro la decisione del Governo di porre fine anticipatamente all’esperienza amministrativa (LE MOTIVAZIONI DELLO SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE DI LAMEZIA TERME).

Nel decreto del presidente della Repubblica Mattarella firmato il 24 novembre 2017 si legge che «dall’esito di approfonditi accertamenti, sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività comunale». «La permeabilità dell’ente – è scritto ancora nel decreto del Capo dello Stato – ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata ha arrecato grave pregiudizio agli interessi della collettività e ha determinato la perdita di credibilità dell’istituzione locale».

Il decreto di scioglimento è arrivato sulla base della relazione del 17 novembre 2017 dall’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti. Relazione che si è basata sulla proposta di scioglimento avanzata dalla commissione d’accesso antimafia disposta il 9 giugno 2017 dall’allora prefetto di Catanzaro, Luisa Latella. Nella relazione si fa riferimento, tra l’altro, agli incarichi del sindaco anche come avvocato di alcuni esponenti delle cosche fino a quasi un anno della sua elezione, ma anche sospetti sull’affidamento di un bene confiscato per 15 anni e sull’affidamento del verde pubblico. Ma anche il coinvolgimento degli ex consiglieri comunali Giuseppe Paladino e Pasqualino Ruberto nell’operazione antimafia Crisalide (LEGGI TUTTE LE NOTIZIE).

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