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Gli uffici della Dda di Catanzaro

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LAMEZIA TERME (CATANZARO) – LA Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio per presunti mandanti ed esecutori dell’agguato di stampo mafioso di novembre del 2001 in cui fu ucciso l’allora sorvegliato speciale Enzo Di Spena.

Diciannove anni dopo il delitto, dunque, la svolta con la richiesta di portare a processo Vincenzo Torcasio, 40 anni, Antonio Villella, 44 anni, detto “crozza” e Pasquale Torcasio, 40 anni, detto “carrà”, tutti ritenuti personaggi di spicco della cosca Torcasio, Vincenzo Torcasio viene ritenuto il mandante (insieme allo zio Nino Torcasio, ucciso nell’ambito della guerra di mafia a marzo del 2002), mentre Villella e Pasquale Torcasio (insieme a Domenico Zagami, ucciso nella guerra di mafia alla vigilia di ferragosto del 2004) vengono ritenuti i killer di Di Spena.

La vittima, la sera del 6 novembre 2001, mentre stava facendo rientro a casa intorno alle 20 (in contrada Muzio) fu raggiunto da diversi colpi di pistola calibro 45 esplosi da distanza ravvicinata da un killer con il volto travisato da un passamontagna. Di Spena fu portato in ospedale ma spirò durante un intervento chirurgico. Le indagini fin da subito batterono la pista dello scontro fra cosche.

Il movente, in particolare, venne individuato in un affronto che Di Spena avrebbe fatto a Vincenzo Torcasio. In particolare, i Torcasio avrebbero deciso l’eliminazione di Di Spena dopo che quest’ultimo avrebbe qualche mese prima dell’agguato picchiato pesantemente Vincenzo Torcasio per questioni verosimilmente personali. Sarebbero stati Vincenzo e Nino Torcasio (che all’epoca dei fatti era ritenuto il capo della cosca Cerra – Torcasio a seguito della scissione della cosca unitaria Cerra – Torcasio – Giampà) a decidere l’eliminazione di Di Spena dando così mandato – secondo le accuse – a Pasquale Torcasio, Villella e Zagami di agire.

Nei giorni precedenti all’agguato i killer avrebbero studiato le abitudini della vittima anche nei pressi della sua abitazione al fine di individuare il momento propizio per agire. Un delitto che ben presto fu inquadrato nella strategia criminale volta a mantenere il dominio incontrastato del “controllo del territorio di competenza”, anche attraverso l’eliminazione fisica di personaggi in qualche modo legati a contrapposte consorterie mafiose e ritenuti altresì in grado di fornire appoggio a queste ultime per eventuali azioni criminali, nonchè per punire Di Spena, con tipica metodologia mafiosa, per un affronto fatto – secondo quanto ritiene l’accusa – qualche mese prima a Vincenzo Torcasio.

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