X
<
>

Il tribunale di Lamezia Terme

Condividi:
2 minuti per la lettura

LAMEZIA TERME – A due anni di distanza dal blitz della Guardia di Finanza coordinato dalla Procura di Lamezia, il pm Santo Melidona ha emesso l’avviso conclusioni indagini per 28 indagati, ma in prima battuta erano 86 le persone coinvolte nell’operazione “Asta la vista – Nomos” che fece luce su un presunto meccanismo illecito che avrebbe condizionato per oltre un decennio le aste giudiziarie del tribunale di Lamezia Terme.

Tutto ruotava attorno alla figura di Raffaele Calidonna, 59 anni, ritenuto l’artefice delle presunte aste truccate. Secondo le accuse, Calidonna in taluni casi partecipava personalmente e in altri si sarebbe avvalso di compiacenti collaboratori, tra cui avvocati e commercialisti, nonché “ganci” interni (tutti tra gli indagati) al palazzo di giustizia, e dell’interposizione fittizia di un’agenzia d’affari e servizi costituita ad hoc e intestata alla figlia di Calidonna.

Le indagini ora sono state chiuse nei confronti dello stesso Raffaele Calidonna e della figlia Sara di 32 anni, nonché per Rosa Giampà 43 anni, Fabiana Aiello 38 anni, Pantaleo Ruocco 65 anni, Carlo Caporale 58 anni, Elia Anania 41 anni, Massimo Sereno 55 anni, Giuseppe Benincasa 59 anni, Antonio Iannazzo 64 anni, Vincenzo Iannazzo 31 anni, Chiara Caporale 28 anni, Attilio Floro 39 anni, Antonio Trovato 48 anni, Francesco Trovato 23 anni, Francesco Notaris 51 anni, Adele Benincasa 57 anni, Antonio Benincasa 26 anni, Francesco Benincasa 57 anni, Michele Amatruda 52 anni, Francesco Bevilacqua 48 anni, Gianpaolo Bevilacqua 53 anni, Gianfranco Caporale 58 anni, Benedetta Caporale 26 anni, Fulvio Amendola 62 anni, Danila Luana Mazzocca 49 anni, Nerea Mazzocca 27 anni, Vittorio Mazzocca 77 anni.

Ad aprile del 2019 Raffaele Calidonna finì in carcere, mentre per altri 11 scattarono gli arresti domiciliari e per altri 9 furono disposte le interdittive (fu disposto un sequestro di beni per oltre 8 milioni di euro) ma gli indagati erano in tutto 86, fra i quali anche proprietari degli immobili finiti all’asta.

Attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali (anche negli uffici del tribunale), pedinamenti e appostamenti, la Finanza riuscì a mettere su il castello accusatorio che alla fine sfociò all’esecuzione delle misure per reati contro la pubblica amministrazione, tra i quali turbata libertà degli incanti, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale, induzione indebita a dare o promettere utilità, e contro il patrimonio, tra i quali autoriciclaggio ed estorsione.

L’indagine si incentrò su anomalie relative a numerose vendite giudiziarie nell’ordine di circa trenta aste pubbliche, che si sono tenute nel corso dell’anno 2018 presso il Tribunale di Lamezia Terme, ovvero presso l’associazione notarile ubicata all’interno dello stesso palazzo di giustizia, nell’ambito delle quali sarebbero state rilevate turbative finalizzate a dirottare l’esito finale verso l’obiettivo prefissato dagli indagati.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE