X
<
>

Paolo Mascaro

Share
2 minuti per la lettura

LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Il gip Rossella Prignani ha ritenuto che quelle accuse non sono meritevoli nemmeno di un processo, per cui ha prosciolto “perchè il fatto non sussiste” l’avvocato Paolo Mascaro (sindaco attualmente in attesa di reintegro) e il noto imprenditore Claudio Arpaia i quali, a dicembre 2018, furono destinatari di un avviso conclusioni indagini in qualità di ex presidenti della Vigor Lamezia calcio all’epoca militante in Lega Pro, per l’accusa di fatture per operazioni inesistenti al fine di detrarre i costi di fini dell’Iva.

Secondo le indagini della Finanza, Mascaro, presidente e legale rappresentante all’epoca della Vigor Lamezia srl, si sarebbe avvalso di 12 fatture della Bieffe servizi (riconducibile a Felice Bellini) per operazioni inesistenti (2012) detraendo i costi dell’Iva per circa 13 mila euro. Stessa accusa per Arpaia, successore di Mascaro alla guida della Vigor Lamezia, relativamente a tre fatture emesse dalla Bieffe servizi con detrazione di costi Iva per oltre 15 mila euro. A gennaio 2019 la Procura chiese il rinvio a giudizio che, però, il gip ha rigettato.

Entrambi gli imputati – scrive il gip – hanno poi fornito prova documentale del pagamento delle fatture emesse in favore della Vigor non in contanti ma con pagamenti tracciabili (bonifici bancari e assegni), andando così a contrastare l’ipotesi in origine rappresentata dagli investigatori relativa al fatto che, il timbro “per quietanza” apposto sulle fatture oggetto d’indagine, fosse indice di un pagamento in contanti (dunque non tracciabile).

Ancora, nel corso del processo è stato escusso, su richiesta del pm, Felice Bellini; il teste ha dichiarato di aver cessato l’attività nel 2015 e che il suo lavoro è consistito non nella produzione ma nell’acquisto e nella rivendita di merce. In relazione alla Vigor ha riferito di aver avuto rapporti commerciali con la società, negli anni 2012 – 2013, consistenti nella fornitura di gadget pubblicitari (tipo volantini, manifesti); ha riconosciuto come proprie le fatture che gli sono state mostrate pagate tramite assegno o bonifico bancario.

Altro dato riscontrato documentalmente nel processo (grazie alla visura camerale depositata dalla difesa di Arpaia) è stata la cessazione dell’attività di Bellini in data 24.8.2015; la data di cessazione dell’attività ha così disvelato il motivo per cui al momento dell’accesso presso la sede legale, avvenuto in data 30.10.2016, non è stata rinvenuta alcuna attività commerciale in essere.

E dunque – scrive ancora il giudice – gli elementi sui quali è stata in origine fondata la richiesta di rinvio a giudizio, sono stati tutti integralmente confutati nel corso del processo. E sta chiaramente spiegata la circostanza relativa all’accesso fatto dagli investigatori presso la sede della società di Bellini, trovata inattiva, essendo documentalmente emerso che la società ha cessato l’attività un anno prima.

Per il gip, dunque, difetta l’elemento oggettivo del reato e che in relazione all’imputato Arpaia deve sottolinearsi anche la circostanza che il predetto è subentrato alla presidenza della Vigor dopo il deposito delle fatture per cui è causa (e dunque difetta anche l’elemento soggettivo del reato). In conclusione il giudice ritiene che non via sia alcun elemento per deliberare il rinvio a giudizio di Mascaro e Arpaia.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE