X
<
>

La Corte di Cassazione

Condividi:
3 minuti per la lettura

LA CASSAZIONE, dichiarando inammissibili i ricorsi, conferma la condanna per tre imputati a 30 anni di carcere per un duplice omicidio di stampo mafioso di 22 anni fa, annullando invece senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati (estinti per prescrizione) di ricezione e detenzione illegale, in concorso, di un revolver calibro 38 special e di un fucile calibro 12, in esecuzione al fine di commettere il delitto; ricettazione, in concorso, dell’autovettura Fiat Uno – provento di furto avvenuto a Falerna il 5 dicembre 2000- «della cui palese provenienza illecita i correi erano consapevoli» si legge nella sentenza.

Accolte quindi le richieste del sostituto procuratore Marco Dall’Olio, rigettate invece i ricorsi dei legali dei tre imputati condannati a 30 anni: Pasquale Gullo, 36 anni, Antonio Villella detto “Crozza”, 51 anni, e Vincenzo Torcasio, 42 anni. Tutti e tre (oltre ai fratelli Aldo e Giovanni Notarianni detto “Gianluca”, che, in due missive, rispettivamente del 2017 e del 2018, a ridosso della decisione di primo grado, si sono dichiarati responsabili degli omicidi, confessando e quindi non ricorrendo in Cassazione, Aldo ha precisato di aver avuto mandato da Pasquale Giampà “boccaccio”)  accusati di aver avuto ognuno un ruolo nel duplice delitto del 6 dicembre del 2000 quando all’interno del bar Giampà di via del Progresso furono uccisi Pasquale Izzo e Giovanni Molinaro. In primo grado, a marzo del 2018, furono inflitti cinque ergastoli al termine del processo che si celebrò con il rito abbreviato davanti al gup di Catanzaro Barbara Sacca.

In appello (a dicembre del 2019) la rideterminazione delle pene a 30 anni. La svolta sul duplice delitto giunse a dicembre 2016 quando per gli imputati il gip firmò l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i cinque imputati in relazione al duplice omicidio di Izzo e  Molinaro (che si trovò al posto sbagliato nel momento sbagliato).  

Il duplice omicidio sarebbe stato deciso al termine di una serie di incontri tra gli affiliati più influenti della cosca (unita all’epoca dei fatti) Cerra-Torcasio-Giampà. È quanto emerse dalle indagini della squadra mobile di Catanzaro e del commissariato di Lamezia coordinate dalla Dda, che si avvalsero delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Giuseppe Giampà (implicato nel duplice delitto e giudicato in un processo separato) Angelo Torcasio, Pasquale Giampà, Pasquale Catroppa e Gioacchino Marco Macrina che sono state riscontrate, delineando la ricostruzione di quanto accaduto 22 anni fa. 

Secondo l’accusa, Nino Torcasio e Pasquale Giampà “Boccaccio” (entrami uccisi nel 2001 e 2002) capi della cosca Cerra-Torcasio-Giampà prima della scissione, per vendicare l’assassinio del boss Giovanni Torcasio (l’omicidio aprì la guerra di mafia) dopo aver effettuato vari incontri con gli affiliati più rappresentativi della cosca, decisero l’omicidio di Izzo, ritenuto affiliato all’avversa cosca Iannazzo. Aldo Notarianni e Maurizio Giampà (poi defunto e che avrebbe guidato l’auto usata per la fuga) dopo aver ricevuto l’arma da Giuseppe Giampà e l’auto da Villella, andarono nel bar dove era stata segnalata la presenza di Izzo. Aldo Notarianni sparò 4 colpi di revolver calibro 38 special contro la vittima designata e uno contro Molinaro (ucciso per errore).

I sicari, subito dopo, raggiunsero il luogo designato per lo «scambio di macchina» dove sarebbero stati prelevati da Giovanni Notarianni, che dopo aver incendiato l’auto dei killer, li condusse lontano dal luogo del delitto.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE