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Il procuratore Marisa Manzini ha chiesto la conferma dell’ergastolo per i presunti mandanti dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso

LAMEZIA TERME – Non ha dubbi il procuratore generale della Corte d’Appello di Catanzaro, Marisa Manzini, che, – al processo di secondo grado – ha chiesto la conferma dell’ergastolo per i presunti mandanti dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso e la conferma di altre tre condanne (per altri reati) e la rideterminazione della pena per una delle tre posizioni.

A ordinare l’eliminazione dell’avvocato Francesco Pagliuso sarebbero stati Pino e Luciano Scalise (padre e figlio di 65 e 45 anni) di Soveria Mannelli. Nei loro confronti a giugno 2021 il gup Pietro Carè, al termine del processo scaturito dall’operazione “Reventinum” celebratosi con il rito abbreviato, in primo grado aveva inflitto l’ergastolo a padre e figlio (il pm aveva chiesto 30 anni di carcere per entrambi). I due sono ritenuti ai vertici della cosca della montagna. Avrebbero incaricato il presunto killer, Marco Gallo (condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise a dicembre 2021 in un separato processo con l’esclusione dell’aggravante mafiosa) a uccidere il penalista.

Il pg ha chiesto anche la conferma delle condanne per Angelo Rotella (8 anni e 4 mesi), Vincenzo Mario Domanico (6 anni e 8 mesi) e per Andrea Scalzo per il quale è stata chiesta la rideterminazione della pena da 8 anni e 2 mesi inflitti in primo grado a 7 anni.  Cinque, inoltre, erano state le assoluzioni in primo grado. Al termine della richiesta del pg, è stata la volta delle parti civili (si sono costituite la moglie dell’avvocato anche per conto del figlio minore, la sorella dell’avvocato ucciso, Antonia Pagliuso, la madre e i nipoti).

IL PROCESSO DI PRIMO GRADO CONTRO I MANDANTI DELL’OMICIDIO PAGLIUSO

In primo grado, come si ricorderà, i due Scalise erano stati condannati anche al pagamento di 300 mila euro per il risarcimento del danno in favore della moglie dell’avvocato, di 330 mila euro a favore del figlio e del risarcimento anche a favore della sorella dell’avvocato ucciso, madre e nipoti.

L’udienza in Corte d’Appello è stata poi rinviata al 23 febbraio (ma altre udienze si terranno anche il 10 e 24 marzo) per le discussioni delle altri parti civili, successivamente prenderanno la parola i legali degli imputati, poi eventuali repliche e sentenza. Il processo scaturisce dall’operazione “Reventinum” (al tribunale di Lamezia si sta tenendo il processo di primo grado per gli imputati, come Marco Gallo, che optarono per il rito ordinario) coordinata dalla Dda, scattata a gennaio 2019 quando le indagini dei carabinieri avrebbero consentito di delineare gli assetti storici e attuali, nonché gli interessi criminali di due distinte e contrapposte cosche (con sullo sfondo il delitto Pagliuso) quella degli Scalise e dei Mezzatesta, derivanti – secondo gli inquirenti – dalla scissione del gruppo storico della montagna, nell’area del Reventino, compresa tra i comuni di Soveria Mannelli, Decollatura, Platania, Serrastretta e territori limitrofi.

LE ACCUSE CONTESTATE AGLI IMPUTATI

Per gli imputati, le accuse contestate, a vario titolo, erano di associazione mafiosa, estorsione, sequestro di persona, violenza privata, danneggiamento a seguito di incendio, detenzione illegale di armi, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose. L’operazione “Reventinum” fece emergere anche il movente dell’omicidio dell’avvocato (nell’ambito di una faida scoppiata fra gli Scalise e i Mezzatesta che provocò altri fatti di sangue) che prima della sua uccisione sarebbe rimasto vittima di un sequestro di persona contestato a Pino Scalise. Il penalista sarebbe stato portato incappucciato da Lamezia in un bosco del Reventino, dove fu costretto a stare legato dinnanzi ad una buca scavata nel terreno con un mezzo meccanico.

Il tutto al fine di piegare l’avvocato alla volontà della cosca. Specie con riferimento alle determinazioni e al comportamento da tenere in un procedimento a carico di Daniele Scalise (figlio di Pino, ucciso nel 2014).  Dopo il sequestro di persona, Luciano Scalise, avrebbe ordinato l’omicidio dell’avvocato. Dalle indagini risultarono continui contatti prima e dopo l’omicidio con il presunto killer dell’avvocato, accusato dagli Scalise anche di aver favorito la latitanza di Domenico Mezzatesta di cui Pagliuso era il legale in un processo per un duplice delitto avvenuto a gennaio 2013 all’interno di un bar di Decollatura.

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