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IL tribunale di Catanzaro

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Imprenditore e commercialista lametini condannati anche in appello per l’accusa di usura ai danni di un autotrasportatore

LAMEZIA TERME – Confermata dalla Corte d’Appello di Catanzaro la condanna emessa a giugno 2021 al termine del processo di primo grado celebratosi con il rito abbreviato nei confronti di due imputati (difesi dagli avvocati Francesco Gambardella e Antonio Larussa) accusati di usura nei confronti dell’autotrasportatore Antonio Pettinato, costituitosi parte civile (e che dovrà essere risarcito).

Anche in appello, quindi, condanna a 2 anni e 8 mesi per l’imprenditore Giuliano Caruso, oltre a 6000 euro di multa, e 1 anno e 5 mesi, oltre a 3300 euro di multa, per il commercialista Gianfranco Antonello Muraca. Secondo le accuse, Antonio Pettinato, sarebbe stato costretto (in ragione dello stato di bisogno) a sottoscrivere un contratto di “associazione in partecipazione” (peraltro regolarmente registrato). Contratto con il quale accettava da due imputati l’apporto di capitali per 250.000 euro. Somma che avrebbe dovuto restituire mediante il versamento di rate mensili con interessi pari ad oltre il 27% annuo.

Da qui l’accusa di usura nei confronti dell’imprenditore e del suo commercialista. Accusa emersa nel corso delle indagini eseguite dal Nucleo mobile del Gruppo del Gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia diretto dal brigadiere Vito Margiotta. In particolare, gli inquirenti avrebbero svelato un complicato sistema illecito di prestito usurario. Sistema al quale gli imputati avrebbero tentato di dare parvenze legali. Secondo la ricostruzione effettuata attraverso le meticolose indagini dei finanzieri, il contratto di “associazione in partecipazione”, in apparenza del tutto lecito, avrebbe voluto celare quella che in realtà sarebbe stato un vero e proprio accordo usurario.

USURA, IMPRENDITORE E COMMERCIALISTA LAMETINI CONDANNATI ANCHE IN APPELLO

L’associazione in partecipazione, infatti, è un contratto di scambio con il quale – di norma – l’associato apporta un finanziamento all’impresa e come contropartita partecipa agli utili della stessa. Nel contratto stipulato tra gli imputati e la presunta vittima, invece, la clausola derivante sarebbe stata quella che prevedeva, a fronte del finanziamento, un reddito minimo garantito annuo di 69.000,00 euro per sei anni, mediante rate di 5.750,00 euro al mese (per un totale di 414.000 euro) e al termine di tale periodo anche – in aggiunta – la restituzione dell’intero capitale prestato (250.000 euro), per una somma complessiva di 664.000 euro.  

Sempre secondo quanto emerso dalle indagini, Caruso da solo non sarebbe stato in grado di formulare un così articolato sistema di finanziamento. Da qui sarebbe emerso il ruolo del commercialista. Questi avrebbe dato – per come ha sostenuto l’accusa – un consistente contributo alla formalizzazione del prestito usurario così come descritto.

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