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CATANZARO – A PROCACCIARE contratti era bravissimo. Ma lo era anche a intascarsi i soldi dei clienti senza versarli nelle casse del noto gruppo assicurativo alle cui dipendenze lavorava da anni. Si parla, addirittura, di oltre 800 mila euro, tra le righe dell’avviso di conclusione delle indagini spedito ieri al suo indirizzo dalla Procura della Repubblica di Catanzaro per i reati di appropriazione indebita e truffa.

Contro l’assicuratore la ricostruzione accusatoria messa su dal sostituto procuratore, Giulia Tramonti, sulla cui scrivania era approdata una dettagliata denuncia presentata dal titolare dell’indagato nel momento di venire a conoscenza del clamoroso ammanco.

Scoperte le prime anomalie, infatti, i tecnici del gruppo assicurativo si erano messi all’opera per risalire alle somme mancanti, riveland anomalie rispetto alla posizione di ben 65 clienti, tutti gestiti dall’operatore in questione e al quale avevano versato ingenti somme di denaro corrispondenti ai rispettivi premi previdenziali.

Soldi che l’agente assicurativo si era ben guardato dal girare all’Agenzia generale per conto della quale aveva incassato ben 820.290,16 euro, facendoli piuttosto confluire sul proprio conto corrente bancario, così come avrebbero accertato, nel novembre del 2015, gli agenti di pg che avevano portato avanti le indagini.

Da qui l’accusa di appropriazione indebita che oggi gli muove il magistrato, insieme a quella di truffa per avere l’indagato raggirato un ulteriore cliente, inducendolo a sottoscrivere il presunto “rinnovo” della polizza assicurativa e poi a versargli in contanti e a più riprese (tra dicembre 2012 e dicembre 2016) somme di denaro per un ammontare di 6000 euro, quale premio assicurativo annuo, con conseguente danno della persona offesa consistito nella perdita della somma in questione.

Fin qui, dunque, la ricostruzione dei fatti confluita nel provvedimento di ieri e contro il quale l’indagato, affiancato dal suo difensore di fiducia, l’avvocato Antonello Talerico, avrà 20 giorni di tempo per difendersi nelle sedi opportune, al fine di convincere il magistrato della regolarità del proprio operato.

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