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CATANZARO – Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato è il reato del quale sono accusate altre 35 persone, deferite in stato di libertà, in un’ulteriore tranche dell’indagine economica a largo raggio condotta dai carabinieri della Stazione di Gimigliano (Catanzaro), che hanno accertato come altri 35 soggetti avevano chiesto al Comune – mediante false attestazioni – il “bonus alimentare” previsto dal governo in favore delle famiglie bisognose per l’emergenza pandemica da covid-19.

L’operazione rappresenta la prosecuzione di quella denominata “Mala Emptio”, ossia “Cattivo acquisto”, condotta dai reparti della Compagnia di Catanzaro tra il 2020 ed i primi mesi del 2021 e che aveva già portato, in tempi diversi, al deferimento di oltre 200 persone.

L’inchiesta ha riguardato tutto il periodo del lockdown, ovvero l’intero arco temporale in cui il Governo ha introdotto come aiuto economico straordinario per il periodo di emergenza sanitaria i cosiddetti “buoni spesa covid-19”.

I buoni alimentari in questione sono stati erogati direttamente dai Comuni alle persone e alle famiglie in difficoltà economica, per acquistare alimenti, farmaci e altri beni di prima necessità. In tale ambito, ciascun Comune ha avuto la possibilità di scegliere in autonomia i requisiti per la concessione del bonus, garantendo somme variabili a seconda di vari indici di valutazione.

Gli accertamenti effettuati dai carabinieri della stazione di Gimigliano hanno consentito di verificare che gli indagati, ormai più di 200, nell’aderire al bando comunale, avevano dichiarato informazioni non corrispondenti al vero, sostenendo di trovarsi in condizioni di difficoltà economica e di indigenza, nel tentativo di indurre in errore le amministrazioni comunali dichiarando falsamente il possesso dei requisiti previsti e ottenendo, quindi, ingiustamente il buono.

In particolare, le informazioni fornite non correttamente vanno dalla falsa attestazione sulla residenza e sul numero dei componenti del nucleo familiare, all’omessa o falsa indicazione di non ricevere, nello stesso periodo, altri sussidi sociali (indennità di disoccupazione, pensioni di invalidità, l’indennità di maternità e lo stesso reddito di cittadinanza) e infine false dichiarazioni di reddito che, tra l’altro, superata una certa soglia, non avrebbe consentito l’assegnazione del buono covid.

Il danno complessivo accertato nel corso dell’indagine è di oltre 40.000 euro. Il rischio per ognuno degli indagati è anche quello di una pesante sanzione amministrativa, compresa tra i 5.164 ed i 25.822 euro, pari a circa il triplo del beneficio illecitamente conseguito.  

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