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CATANZARO – Anno nuovo, Covid nuovo. In Calabria è scomparso del tutto l’originario ceppo virale che ha sconvolto le vite degli italiani lo scorso anno e la variante inglese è quasi totalitaria. Quasi, perché circola anche la variante brasiliana. Ma la grande novità è la presenza, riscontrata per la prima volta, della variante nigeriana.

È quanto emerge dallo studio periodico ed accentrato sulla prevalenza delle varianti condotto dall’Istituto Superiore di Sanità, insieme alla Fondazione Bruno Kessler ed al Ministero della Salute. Insomma, se si era da subito capito che quello corrente sarebbe stato ancora un anno da passare interamente insieme alla pandemia, quello che nei secondi del countdown della notte di San Silvestro nessun comune cittadino poteva immaginare era che, in un certo senso, il Covid conosciuto se ne sarebbe comunque andato. A fine anno infatti si parlava già delle varianti, che avevano fatto capolino come una Cassandra proprio in contemporanea con la notizia dell’approvazione dei vaccini e l’inoculazione delle prime dosi a fine dicembre. Ma ancora non se ne era captata la rilevanza.

IN CALABRIA IL VIRUS È SOLO VARIANTI

Ancora una volta a coordinare per la Calabria l’invio dei tamponi è stato il dottor Pasquale Minchella, direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale Pugliese. Il laboratorio diretto da Minchella è quello di riferimento regionale per l’attività di sequenziamento e da circa una settimana è stata avviata anche qui una regolare attività di sequenziamento. Minchella ha commentato al Quotidiano del Sud i dati dell’ultimo monitoraggio.

«Anche questa volta – ha spiegato – ci è stato chiesto di mandare un numero di tamponi proporzionale rispetto ai casi notificati, che è stato maggiore rispetto al precedente monitoraggio vista la maggiore incidenza di contagi nel periodo di riferimento». In particolare, lo studio prevede un prelevamento campionario percentuale in base ai casi Covid notificati in ognuna delle quattro macro aree in cui viene diviso il Paese. La Calabria rientra nella macroaerea “Sud e Isole”, che ha visto il maggior numero di casi notificati, 2858, per un’ampiezza campionaria di 399 test. Tra questi, sono 46 i test calabresi inviati.

«Come l’altra volta – ha affermato Minchella – abbiamo ricevuto campioni proporzionalmente distribuiti tra le cinque province della Regione, i cui laboratori ci hanno inviato i tamponi che sono stati oggetto del monitoraggio. Di questi, 42 sono risultati positivi alla variante inglese, 3 alla variante brasiliana e 1 alla variante nigeriana. Questo vuol dire che il ceppo originario che abbiamo conosciuto è completamente scomparso, in favore di queste varianti. La variante inglese si assesta al 91,3%, quella brasiliana al 6,5% e quella nigeriana al 2,2%”.

LA NOVITÀ DELLA VARIANTE NIGERIANA

Il monitoraggio ha “scovato” in tutta Italia 17 casi riconducibili a variante nigeriana. Uno di questi è stato riscontrato in Calabria che quindi ha una percentuale di circolazione di questa variante superiore alla media nazionale che si ferma allo 0,8%. In particolare, sono solo 5 le Regioni italiane che hanno fatto registrare la presenza della mutazione “B.1.525”. Abruzzo, Campania, Marche e Sicilia fanno compagnia alla Calabria. Questo induce ovviamente ad una maggiore attenzione ed un costante monitoraggio, in attesa di comprendere gli eventuali risvolti anche sull’efficacia del vaccino, che potenzialmente potrebbe essere minata da queste mutazioni così come potrebbe non essere influenzata. Normale attenzione, dunque, in attesa di riscontri scientifici.

COME LE VARIANTI CAMBIANO LE QUARANTENE

«Segnalo inoltre un altro aspetto particolare – ha dichiarato Minchella – che è derivato proprio dal recente monitoraggio e che ha spinto ad una revisione delle indicazioni che il Ministero della Salute ha inoltrato ai Dipartimenti di Prevenzione, per quello che sarà di certo un cambiamento dell’attività».

In particolare, il documento prevede, per tutti i casi sospetti o confermati di varianti circolanti in Italia, il test molecolare o antigenico negativo al termine dei 10 giorni di quarantena. È invece previsto un regime diverso per le varianti diverse da quelle “note” (inglese, brasiliana) rispetto ai «contatti asintomatici a basso rischio di casi covid con varianti covid sospette o confermate» non ricomprese nel gruppo della variante inglese.

La nigeriana e l’indiana, ad esempio, non vi rientrano ed ora imporranno 10 giorni di quarantena e test molecolare o antigenico negativo anche ai contatti a basso rischio. Viene imposto il test molecolare negativo anche ai positivi a lungo termine che normalmente possono rientrare nella società dopo 21 giorni dal tampone positivo, di cui almeno gli ultimi 7 senza sintomi. In questo quadro rimane fondamentale il monitoraggio.

«Dobbiamo continuare a controllare e sequenziare – ha chiosato Minchella – perchè così ci viene chiesto anche dal Ministero e dall’Iss che invitano a non mollare la presa. Abbiamo iniziato a sequenziare anche a Catanzaro ma sono ancora primissimi dati che non hanno un grosso rilievo statistico che vanno però nella stessa direzione del monitoraggio».

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