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Personale sanitario a lavoro

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CATANZARO – Nessuna «visione personale ed egoistica del singolo non giustificata sul piano scientifico» può essere posta alla base del rifiuto dell’obbligo vaccinale di un sanitario. Né tantomeno detto obbligo può essere considerato incostituzionale.

Con un’argomentazione risoluta, il giudice del lavoro della prima sezione civile del Tribunale di Catanzaro, Francesco Aragona, ha emesso un’ordinanza di rigetto del ricorso di un’infermiera “no vax” dell’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” del capoluogo.

La sanitaria, in servizio presso il reparto di Pediatria dell’Hub cittadino, è stata sospesa dal lavoro e dalla retribuzione fino alla fine dell’anno o comunque fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale, e aveva così invocato la tutela cautelare urgente che è stata ritenuta infondata dal giudice in punto di requisiti che la norma sul ricorso d’urgenza richiede.

La parte più interessante dell’ordinanza di Aragona è senza dubbio quella finale. Essendo il ricorso inammissibile per carenza degli elementi di diritto, ciò sarebbe bastato a “chiudere” la pronuncia. Ciò nonostante, il giudice ha ritenuto di dover proporre anche alcune riflessioni nel merito, «attesa anche la questione di incostituzionalità sollevata dalla ricorrente».

Il giudice ha ritenuto che alcune argomentazioni sollevate dalla sanitaria siano “pretestuose”. Si afferma nella decisione che «a dispetto delle comunicazioni assertivamente non ricevute dalla dipendente o di procedure presuntivamente violate dall’azienda, l’istante se davvero volesse sottoporsi al vaccino potrebbe tranquillamente recarsi presso un punto vaccinale e adempiere l’obbligo legale su di lei gravante». È emerso quindi come l’infermiera «non intenda affatto assumere detto vaccino, né ora né mai, quantunque non ricorra nei suoi confronti alcuna controindicazione ostativa alla somministrazione».

Come si affermava infatti anche nella delibera di sospensione emessa dal commissario straordinario aziendale, Francesco Procopio, la sanitaria non aveva documentato l’esistenza di un pericolo per la propria salute. Viene smantellata dal giudice anche l’idea della sanitaria che il diritto soggettivo al lavoro sia intangibile e che una legge che impedisse lo svolgimento della prestazione lavorativa sarebbe per ciò solo contraria ai principi costituzionali. Niente di tutto ciò, invece.

«L’istante – scrive il giudice – volutamente trascura di considerare che vi è una pandemia in atto e che il legislatore si è preoccupato di adottare una serie di misure, anche extra ordinem, a tutela della popolazione», tra cui rientra la disciplina dell’obbligo vaccinale, tacciato di incostituzionalità dalla ricorrente.

«È evidente – prosegue l’ordinanza – che il diritto soggettivo individuale al lavoro ed alla conseguente retribuzione è sì meritevole di protezione, ma solo fino all’estremo limite in cui la sua tutela non sia suscettibile di arrecare un pregiudizio all’interesse generale, nella specie la salute pubblica, di fronte al quale è destinato inesorabilmente a soccombere».

Viene infine sottolineato anche il dato che l’infermiera «abbia rifiutato l’obbligo pur lavorando all’interno di una struttura sanitaria, dove è maggiore il rischio di favorire la diffusione del contagio».

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