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Da sinistra Altiero, Capomolla, Bellieni, Longo e Carra

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CATANZARO – Non solo droga ed estorsioni, usura e commercio. La ‘ndrangheta ha allargato il suo raggio d’azione inserendo i suoi interessi nel sistema sanitario. Troppo alto il giro d’affari, al punto da trasformare questo settore in uno dei più redditizi per le cosche. Un tema complesso, approfondito oggi a Catanzaro nel corso del convegno sul tema “Holding ‘ndrangheta: l’affare sanità”, tenuto nel palazzo di giustizia e moderato dalla giornalista Claudia Bellieni, nell’ambito delle iniziative promosse per i trenta anni della Direzione Investigativa Antimafia che hanno portato in città una mostra itinerante (LEGGI).

L’ANALISI DEI COMMISSARI OCCHIUTO E LONGO

A puntare l’indice su questa pervasività della ‘ndrangheta è stato il vice direttore tecnico operativo della Dia, il generale di Brigata della Guardia di finanza Nicola Altiero, secondo il quale «la strategia mafiosa è chiara: comprendere ogni variazione economica e trarne grande beneficio».

Ovviamente, la ‘ndrangheta ha saputo immediatamente intercettare anche i flussi di denaro e gli affari collegati alla pandemia che ha movimentato somme ingenti di denaro e “nuovi” business: «Dalla prima ondata di contagi la pandemia ha rappresentato un’occasione per la criminalità – ha spiegato Altiero – attraverso le forniture di farmaci e prodotti medicali collegati al Covid-19 (dalle mascherine ai guanti, ndr), ma anche con lo smaltimento di rifiuti ospedalieri».

L’attenzione delle mafie, dunque, si è fatta sempre più penetrante, come ricostruito da Altiero, verso «la crisi economica, i fondi del Pnrr e i fondi per la pandemia», con la criminalità organizzata che ha «sostituito l’uso della violenza», concentrandosi sul «controllo del territorio e l’incremento del consenso che potrà essere utilizzato anche nelle prossime consultazioni elettorali».

Le commistioni si moltiplicano, dal momento che la ‘ndrangheta ha saputo aprire interlocuzioni fondamentali per inserirsi nel settore sanitario: «Un quinto della spesa sanitaria finisce alle strutture non pubbliche – ha ricordato Altiero – ma questo dato sale in alcune regioni», mentre il «rapporto tra mafia, politica e imprenditoria consente di decidere anche assunzioni e incarichi a tutti i livelli».

In questi meccanismi contorti, che condizionano la vita di ognuno rispetto alla qualità dell’offerta sanitaria, «la Calabria è un caso scuola – ha dichiarato il vice direttore tecnico operativo della Dia – con il 70% del bilancio della Regione che finisce nella sanità, ma con 125 punti per i Lea quando la sufficienza si raggiunge a 160».

Quelle della Dia sono tesi confermate dalle operazioni portate a termine anche negli ultimi anni, al punto che lo stesso generale Altiero ha ricordato le inchieste “Farmabusiness”, “Inter nos” e “Chirone”, ricordando come persino il debito della sanità abbia contribuito a inceppare il sistema e favorirne le infiltrazioni.

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