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Il policlinico Mater Domini di Catanzaro

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CATANZARO – Con i soldi dei Lea alla Mater Domini si pagano bollette per le aule e i servizi dell’Università. E neanche calcolate a dovere ma fortemente sbilanciate a svantaggio dell’azienda ospedaliera universitaria. A due giorni di distanza dall’accordo annunciato da Profiti sulla “compensazione” del debito che l’azienda ha nei confronti dell’Umg su bollette e indennità dei medici, continuano ad esserci sospetti sull’operazione che, di fatto, va tutta a scapito dell’azienda ospedaliera. La stessa risultata soccombente in ripetute procedure ingiuntive avviate dall’ateneo e vinte per mancata opposizione dell’ospedale. Lì dove a difendere gli interessi dell’Umg c’era l’Avvocatura distrettuale dello Stato che ha strappato vittorie contro un’azienda che è una appendice operativa del suo riferimento istituzionale, il commissario ad acta del Governo. Eppure ci sono documenti a provare il fatto che i milioni richiesti (oltre quaranta) dall’Umg alla Mater Domini, non sono né “certi” né “esigibili”.

La prova starebbe nella perizia affidata dall’allora commissario dell’azienda ospedaliera Giuseppe Giuliano al presidente dell’ordine degli Ingegneri di Catanzaro Gerlando Cuffaro. La consulenza arrivò subito dopo lo “scandalo” bilancio 2019. Quando, cioè, venne trasferito sul groppone della Mater Domini non solo il debito monstre da 97 milioni della fallimentare fondazione Campanella grazie all’ex dg del dipartimento Salute Belcastro, ma anche 17 milioni di indennità destinate professori e oltre 23 milioni di bollette non pagate. Lì dove negli stessi decreti ingiuntivi viene spiegato che essendo “allacci unici” la quantificazione dei costi da dividere tra Umg e Mater Domini è del tutto aleatoria.

La questione, confluita nella denuncia alla Corte dei Conti di una ex dirigente dell’ospedale, ha comunque un problema sostanziale. Né il commissario la Regina, né Giuseppe Profiti, promotore e architetto dell’accordo compensativo di pochi giorni fa, hanno mosso osservazioni nei confronti di quella relazione a firma Cuffaro. Perché in quel documento viene chiarito in primo luogo che le ripartizioni percentuali sui consumi sono fortemente a favore dell’università, che puntualmente paga di meno grazie ai calcoli fatti sulla carta dagli uffici tecnici dell’Ateneo. E non a caso questo avrebbe generato negli anni un continuo esborso di denaro da parte della Mater Domini maggiore rispetto ai consumi effettivi. I casi sono diversi: gli accordi che si sono susseguiti negli anni non tengono conto degli effettivi utilizzi degli spazi comuni e delle loro funzioni.

Stando a quella relazione a “soccombere” sarebbe proprio l’università, che dovrebbe intentarsi quasi il 63% dei consumi di elettricità e il 66% dell’idrico. In realtà stando agli accordi l’università paga rispettivamente per il 44% e il 47% dei consumi complessivi, lasciando tutto il resto all’azienda ospedaliera universitaria (da oggi Dulbecco). E questo senza stime precise, calcoli oggettivi. Tutti «errori di valutazione- si legge in quella perizia – dovuti a un metodo sommario» e impreciso. Un “furto” che per Giuliano all’epoca non era accettabile nonostante i decreti ingiuntivi definitivi mai impugnati. Scippo che, però, oggi è diventato prassi, continuità, anche con il commissario Profiti pur di siglare la “pax” prima che si scateni la guerra sul bilancio della neonata Dulbecco, dove questi debiti puntualmente confluiranno.

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