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La protesta dei sindaci catanzaresi

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CATANZARO – Sul disegno di legge Calderoli per l’autonomia differenziata i sindaci della provincia di Catanzaro, o almeno la stragrande maggioranza di loro, non ci stanno e si mettono di traverso. E lo fanno sottoscrivendo, in ben 57 su 80, un documento “Per la Repubblica una e indivisibile” che ieri mattina è stato consegnato nelle mani del Prefetto di Catanzaro, Enrico Ricci, dal sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, e da una nutrita delegazione dei firmatari.

«La forza di questa iniziativa sta proprio nei numeri – ha dichiarato proprio Nicola Fiorita poco prima di essere ricevuto dal Prefetto –. La stragrande maggioranza dei sindaci della provincia di Catanzaro ha sottoscritto questo documento di rifiuto netto e radicale al progetto di autonomia differenziata, ritenendolo un progetto che mina l’unità della repubblica, mette a repentaglio le uguaglianze dei diritti e frantuma quella solidarietà che tiene insieme ogni comunità».

Alla base del ddl Calderoli, infatti, l’idea che le Regioni possano chiedere di avere competenza esclusiva su alcune materie, mantenendo inoltre il gettito fiscale. Una mossa che, sebbene complicata dalla complessa definizione dei Lep (livelli essenziali di prestazione), sfavorirebbe inevitabilmente alcune regioni. «È un progetto dichiaratamente a favore di una parte del Paese – ha infatti aggiunto Fiorita –, e per questo è inaccettabile, tanto più perché la parte svantaggiata del siamo noi: la Calabria e tutto il Meridione».

La simbolica consegna del documento al Prefetto Ricci si configura dunque come un passo ulteriore dell’associazione di sindaci che, ha ancora precisato il sindaco di Catanzaro, vuole «rilanciare un percorso che mira ad arrestare una riforma che continuiamo a ritenere completamente sbagliata». Rispetto a un possibile dietrofront, Fiorita ha poi rimesso tutto nelle mani delle forze governative, punzecchiando però il partito della Presidente del Consiglio Meloni, definendo «paradossale che una forza di destra come Fratelli d’Italia, che ha sempre avuto dichiaratamente a cuore il sentimento nazionale, oggi acconsenta a porre in essere un atto che umilia quel sentimento nazionale in maniera mai vista prima».

Il senso della riforma appare, nell’idea del sindaco Fiorita, abbastanza chiaro. «Abbiamo una parte del Paese più ricco e competitivo che vuole avere mezzi e risorse per competere col resto dell’Europa più sviluppata. Può essere ragionevole dal loro punto di vista, ma per chi vuole tenere insieme una comunità e pensa che lo sviluppo dell’Italia passi dallo sviluppo del Sud, questa riforma è una offesa da rifiutare in toto». Una precisazione è però d’uopo.

«Appartengo a una generazione nuova, che rifiuta l’idea dell’assistenzialismo e che ha tutta l’intenzione di competere con altre parti del Paese – ha chiarito Nicola Fiorita esibendosi in una metafora calcistica che tira in ballo la principale squadra di Bergamo, città di Calderoli –. Io non ho timore di andarmi a giocare una partita contro una squadra più forte, ma voglio partire dallo zero a zero perché se si parte tre a zero non è una competizione equa. E Se sul tre a zero l’Atalanta vuole anche scegliersi l’arbitro, mi pare che davvero non lo sia». Il regionalismo italiano, ha infine concluso, «può e forse deve essere rivisto. Ci può essere anche un aumento delle competenze delle regioni, finanche una differenziazione delle competenze, ma solo dentro un sistema che tenga insieme i diritti fondamentali e lo sviluppo dell’intero Paese».

Tra i sindaci presenti, anche Domenico Giampà, primo cittadino di San Pietro a Maida. Da parte sua le preoccupazioni per la possibilità che l’autonomia differenziata possa acuire le disuguaglianze in Italia. «Siamo molto preoccupati ed è la ragione per la quale ci stiamo rivolgendo a chi rappresenta per noi lo Stato – ha detto –. Già amministriamo con pochissime risorse e rischiamo di averne sempre meno in un Paese sempre più diviso. Ci opporremo a queste modalità soprattutto se avvengono senza una discussione generale con tutte quelle che sono le parti non solo politiche ma anche sociali di questo Paese».

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