Un sequestro per abusivismo
1 minuto per la letturaCATANZARO – Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Francesco Boccia, ha deliberato di impugnare la legge della Regione Calabria n. 10 del 2 luglio 2020, recante “Modifiche e integrazioni a piano casa (legge regionale 11 agosto 2010, n. 21)”.
Secondo quanto evidenziato in una nota di Palazzo Chigi, «gli articoli 2, 3 e 4, riguardanti gli interventi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione di immobili, si pongono in contrasto con la tutela del paesaggio, garantita dall’articolo 9 della Costituzione, e violano la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione».
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Anche questo – il lassismo urbanistico – è uno dei frutti malati del regionalismo deteriore italico, gravissimo in un Paese come l’Italia a vocazione turistica e che nel mondo è sinonimo di culto della bellezza. Meno male che c’è lo Stato centrale. E l’art. 9 della Costituzione.
Va però anche sottolineato il nesso causale, almeno come concausa, dell’estrema penuria di alloggi pubblici. Ad integrazione del mio precedente (e primo) commento su questo giornale, osservo al riguardo quanto segue.
Le famiglie in casa di proprietà non sono né il 90 né l’80% – come in generale si sostiene – ma il 72% di quelle censite dall’ISTAT/EUROSTAT ed in alcune Regioni (come la Campania) intorno al 60%.
E gli alloggi pubblici popolari (cat. A4) e ultrapopolari (cat. A5) censiti dall’Agenzia delle Entrate nel 2018, spesso fatiscenti, sono appena 526.699 unità, pari all’1,5 per cento del totale di 35 milioni di immobili residenziali, contro il 10, 20, 30 per cento di altri Paesi UE (al 1° posto c’è l’Olanda col 32%, poi l’Austria col 23%, la Danimarca col 20%, la Francia col 16%); negli altri Paesi europei, infatti, vengono costruiti molti più alloggi popolari, per calmierare i prezzi degli affitti e tutelare i ceti più poveri.
Il numero delle case popolari e ultrapopolari è diminuito rispetto a quindici anni fa, a seguito della loro vendita (privatizzazioni).
Il divario con gli altri Paesi UE risulta ancora più marcato in termini di spesa per l’housing sociale, con un rapporto spesa/Pil dell’Italia pari (2005 e 2009) ad un misero 0,02%, contro una media dello 0,57% UE27.
Poi ci si scandalizza della guerra tra poveri dell’occupazione abusiva delle case popolari, mentre bisognerebbe scandalizzarsi per l’estrema penuria di alloggi pubblici e sollecitare vigorosamente un corposo piano pluriennale di case popolari.
Pertanto, l’obiettivo prioritario in Italia deve essere un GRANDE PIANO PLURIENNALE DI CASE POPOLARI DI QUALITA’, sulla falsariga del piano Fanfani (all’epoca ministro del Lavoro e della Previdenza sociale), adattato alle esigenze attuali, anche in termini di consumo di suolo, e tenendo conto eventualmente della grande disponibilità di case sfitte o invendute (così si depotenzia la contrarietà della potente lobby delle banche e degli immobiliaristi, oltre che dei proprietari di casa, beneficiari senza alcun merito, da 60 anni, della legislazione urbanistica sul regime dei suoli).
Sarebbe un piano, peraltro, in raccordo con le recenti proposte del gruppo di studio di alto livello, presieduto da Romano Prodi, per conto della Commissione Europea.
La prima copertura finanziaria (parziale) che mi viene in mente è la reintroduzione della IMU-TASI sulla casa principale (4 mld), in particolare dei ricchi e dei benestanti (2,7 miliardi), resa esente per meri motivi elettoralistici e contro il dettato costituzionale (art. 53), prima da Berlusconi e poi da Renzi (scaricandola sulla fiscalità generale e perciò anche sugli affittuari a basso reddito, ad esempio introducendo la franchigia di 129€ sulla detrazione delle spese sanitarie).
Peraltro, pochissimi sanno che, secondo il MEF, il gravame medio annuo dell’IMU sulla casa principale nel 2012 (ultimo anno di applicazione) è stato pari ad appena 225€ e l’85% ha pagato meno di 400€.
Con i 4 mld, ipotizzando un costo unitario medio di 100.000€, si potrebbero costruire 40.000 alloggi pubblici di qualità all’anno.
PS: A giudicare da ciò che ha scritto nel suo libro “Il cigno nero e il cavaliere bianco” sulla proposta di Pellegrino Capaldo di imposta patrimoniale sui ricchi, ritengo improbabile che il direttore Roberto Napolitano alzi la sua ancora potente voce a sostegno della reintroduzione dell’IMU sulla casa principale, almeno dei più abbienti, per co-finanziare un tale fondamentale piano casa pubblico.