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CATANZARO – Nel ventre della città. Segreti e misteri del capoluogo calabrese svelati con la macchina da presa. E che meraviglia quel labirinto sconosciuto ai più, venuto alla luce grazie al lavoro certosino di Giuseppe Rachetta, autore, regista e conduttore del documentario “Segreti passaggi”. Settanta minuti, nella versione originale, per entrare nel cuore misterioso di Catanzaro. 

Rachetta, se dovesse usare le parole di uno scrittore per descrivere la Catanzaro sotterranea? 
«Mi piace un pensiero di Oscar Wilde che solo indirettamente è collegato alle realtà sotterranee : “il nostro unico dovere nei confronti della storia è quello di riscriverla!»
Girando il docu-film cosa ha scoperto che non immaginava? 
«Quando si crea un soggetto su un argomento mai trattato in precedenza e sul quale manca qualsiasi tipo di documentazione, la fantasia rischia di aprire varchi che sfuggono al rigore storico e scientifico. Per poter tracciare una sceneggiatura che potesse entrare nella giusta scia di un’ indagine svolta in modo corretto ho consultato molti testi sulle realtà sotterranee di altre città e ho studiato non solo la storia di Catanzaro, ma quella del periodo storico in cui il borgo si è sviluppato. In tal modo ho potuto tracciare una linea d’ indagine che si è sviluppata attraverso le vicende che si sono succedute nei secoli. Nel documentario ho potuto avere accesso soltanto a brevi tratti di tunnel, ma non ho, tuttavia filmato tutto ciò che ho visto». 
Catanzaro misteriosa? 
«Si, decisamente! Il mistero più grande, quello che rappresenta la base di partenza dell’indagine sta proprio nel fatto che nessuno studio sia mai stato affrontato in precedenza, quasi a voler lasciar cadere nell’ oblio il ricordo di una rete sotterranea raccontata dagli anziani. Il borgo ha una struttura urbanistica complessa e articolata e per una serie di considerazioni che vengono sviluppate nel documentario, quella struttura non può prescindere da una realtà ipogea ben definita e che potrebbe fornire preziose indicazioni sul passato della città, restituendo ai catanzaresi pagine di una storia perduta». 

Come si potrebbe valorizzare e rendere fruibile il percorso sotterraneo? 
«Occorrerebbe intanto procedere con una mappatura degli accessi che nel corso del tempo, e soprattutto a partire dal dopoguerra sono stati chiusi. Si tratta di varchi che si trovano lungo le vie del borgo e negli scantinati dei palazzi. Poter contare sulla piena collaborazione delle istituzioni e dei cittadini permetterebbe di ricomporre un puzzle che rappresenta un tesoro che la città non ha coscienza di possedere. Poi occorrerebbe un’opera di ispezione e messa in sicurezza degli ambienti. Si tratta di un’opera che tante città d’ Italia stanno tentando di porre in essere. I vantaggi sono enormi, sia nella chiave di una rilettura della storia della città, sia nei termini di un utilizzo in chiave turistica. Ma soprattutto, credo che porterebbe tanto beneficio alla coscienza storica collettiva, permettendo alla gente di rapportarsi in modo diverso con il proprio background culturale. Credo che il cittadino di Catanzaro soffra, in modo spontaneo e spesso incosciente, di un anello di congiunzione con il passato: è come se fosse stato privato di qualcosa, ne avverte la mancanza ma non saprebbe spiegare cos’è. Io ritengo che una possibile soluzione a questo disagio della coscienza storica possa trovarsi proprio sotto i nostri piedi. E’ un sottile diaframma che potrebbe cambiare il volto della città!». 
C’è una scoperta che lega in maniera particolare Catanzaro alla sua costa? 
«Il documentario parte proprio dalle nostre coste. Sebbene sia da ritenere che il terrazzamento su cui sorge la città vecchia possa essere stato abitato già in epoche lontanissime, il borgo, nella sua struttura sociale si forma intorno alla metà dell’ 800 proprio per la scelta di popolazioni che vivevano sulla costa e che si trovarono a fuggire dagli assalti saraceni». 
E l’entroterra? 
 «Costa ed entroterra sono due realtà che per le vicende che hanno tracciato la storia della nostra terra sono più vicine di quanto possa indicare la distanza geografica. Nel caso di Catanzaro, credo che un elemento di comunicazione con l’entroterra sia costituito dall’acqua – che è uno degli elementi portanti dell’ indagine del documentario – e che è ben rappresentato dalla Ghiacciaia di Villa Pangea». 
Ci sono personaggi del passato che sono strettamente legati ai passaggi segreti? 
«Tanti, tantissimi. I passaggi segreti di un borgo sono stati percorsi da cavalieri, dame, religiosi, briganti, poeti, fuggiaschi, massoni e… bambini. Nel caso di “Segreti Passaggi”, io mi servo di una fuga famosa nella storia della città: quella del Conte Centelles nel giugno del 1461. Il documentario propone la possibile ricostruzione della fuga attraverso i passaggi segreti sotterranei: si è trattato di un espediente nella sceneggiatura per supportare l’ ipotesi della presenza di una rete di collegamento sotterranea».
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