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La formazione sul palco per “Pfm canta De André Anniversary”

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Quarantacinque anni dopo, la Pfm torna a cantare De Andrè in un tour che attraversa tutta l’Italia e che passa anche da Catanzaro: domani 4 aprile al Politeama


Quarantacinque anni dopo il tour “Fabrizio De André e Pfm in concerto”, la prog band più famosa al mondo torna sui palchi di tutta Italia con “Pfm canta De André Anniversary”, un tour per celebrare il fortunato sodalizio con il grande cantautore genovese. Anche in Calabria una tappa della tournée, domani al Teatro Politeama di Catanzaro. Sul palco una formazione spettacolare, con tre ospiti d’eccezione: Flavio Premoli, fondatore della Pfm, Michele Ascolese, chitarrista storico di Faber e Luca Zabbini, leader dei Barock Project. Con Franz di Cioccio e Patrick Djivas, volti storici della Premiata Forneria Marconi, abbiamo parlato di questo tour e dello storico e fortunato incontro tra Fabrizio De Andrè e la Pfm. Ma anche della Calabria.

La tournée sta attraversando tutta l’Italia, come sta andando?

Franz: «Sta andando molto bene, perché quando noi facciamo musica la facciamo proprio per il piacere di condividere con il pubblico che sappiamo che ci ama. Anche perché noi facciamo musica, non la canzone di successo. Per noi il successo siamo noi e il pubblico che facciamo cose belle».

Come nasce “Pfm canta De Andrè Anniversary”?

F: «Nasce dal fatto che noi con Fabrizio (De Andrè; ndr) abbiamo avuto un rapporto musicale artistico molto alto. Da questa unione sono nati brani in cui lui poteva fare delle narrazioni e noi con la musica potevamo dare un senso a questa narrazione poetica. Siamo stati abili a capire che la canzone in sé artisticamente ha un valore solo perché l’abbraccio fra il rock e la poesia era diventata una cosa vera e non solo un mestiere. La cosa veramente interessante era narrare la nostra storia che abbiamo fatto girando il mondo e narrare la capacità di Fabrizio di scrivere delle vere e proprie poesie».

Ci raccontate l’incontro con Fabrizio De Andrè?

Patrick: «È avvenuto in Sardegna, nel ‘78, noi stavamo tornando dagli Stati Uniti e Fabrizio aveva rinunciato alla sua carriera artistica. Non gli interessava più, voleva fare solo il contadino, cosa che peraltro gli veniva molto bene, come tutte le cose che faceva Fabrizio. Suonavamo vicino casa sua in Sardegna e venne a vederci; avevamo già fatto un lavoro con lui, “La buona novella”. Rimase molto entusiasta del concerto e il giorno dopo ci invitò a casa sua a passare una giornata insieme. Tra una chiacchiera e un’altra, a pranzo, e improvvisazioni da musicisti. A un certo punto disse scherzando: “Forse con voi potrei prendere in considerazione l’idea di fare una tournée”. Al rientro Franz però disse: “Ma perché non lo facciamo davvero?”. E allora gli abbiamo fatto la proposta. Chiaramente questa cosa ha lasciato tutti perplessi, nessuno immaginava che potessimo avere con Fabrizio un rapporto paritario tra la musica e la poesia, tutti pensavano che la nostra musica fosse troppo forte, e la sua voce non si sarebbe sentita. Non avevano fatto i conti con la Pfm, musicisti di altissimo livello che sapevano benissimo quello che facevano, che potevano fare tutti i tipi di musica, e questo lo hanno dimostrato benissimo in seguito. Tutto questo ha portato via tantissimo tempo, lui era attratto da questa cosa ma tutti gli dicevano che era pazzo. Ma Fabrizio era sempre bastian contrario, e visto che tutti gli dicevano di non farlo allora lui l’ha fatto».

In fin dei conti il suo essere sempre bastian contrario è stato un bene…

P: «Da un certo punto di vista si. Intanto il lavoro che abbiamo fatto insieme ha reso Fabrizio un artista popolare cosa che all’epoca non era. Era più noto come autore che come artista. Non aveva mai fatto una tournée. Noi insieme abbiamo fatto un disco – che probabilmente è stato il disco più venduto in Italia – e un tour. In più gli abbiamo aperto una porta che lui fino a quel momento aveva lasciato chiusa: quella della musica, degli arrangiamenti che fossero all’altezza dei suoi testi. Lo abbiamo fatto assieme e lui ha continuato a farlo dopo e credo che noi abbiamo regalato all’Italia 20 anni di Fabrizio De Andrè».
F: «Patrick lo ha spiegato molto bene. Lui non si era mai trovato con una ‘banda’ come noi. Fabrizio era bravissimo nella parte poetica ma non era bravissimo a metterla in musica, perché in lui abitava la poetica; in noi invece abitava la musica. Perciò l’unione ha funzionato: il coraggio di persone diverse, con attitudini diverse, che si uniscono».

Quello della Pfm è uno stile inconfondibile, che tocca diversi generi; e la vostra musica è andata in giro per il mondo. Chi è ora la Pfm?

F: «È un gruppo di persone che stanno bene insieme, che fanno musica ma che sono interessate a qualunque cosa. Siamo un gruppo che quando va in giro a suonare si fa una scorpacciata di libri, di letteratura. Ci piace girare e non faremo mai i concerti per lavoro, è sempre un momento di creatività tra noi e il pubblico che viene ad ascoltarci».

Quindi anche in “Pfm canta De André Anniversary” a Catanzaro ci sarà da aspettarsi qualcosa di nuovo?

P: «È sempre così. Basti pensare che noi sul palco non abbiamo mai usato i computer. Questo per essere liberi di suonare, di improvvisare, di modificare in tempo reale. Cosa che il computer non può fare. Il piccolo mistero della Pfm è questo: è libera».
F: «E questa cosa funziona per noi ma funzionava anche per Fabrizio. Lui non faceva delle canzoni poetiche, lui creava delle situazioni incredibili. Quando sentiva la musica che facevamo era incuriosito e voleva scrivere qualcosa che abbracciasse quella musica, cosa che non aveva mai fatto prima».

Avete girato il mondo e domani tornerete in Calabria, a Catanzaro, con “Pfm canta De André Anniversary”. Tornate con piacere?

P: «La Calabria è un posto molto particolare, per la sua bellezza, per la gente, il clima, tutto quello che c’è. Dico una cosa: quando avremmo finito di suonare con la Pfm, tra una 50ina d’anni, io quasi quasi andrei a stare in Calabria. È un posto completo, con tante cose. Non lo dico così, ma ci penso sul serio. La Calabria è da tenere in considerazione».
F: «In più ti rendi conto che quello calabrese è un pubblico che ti accoglie. Sono incuriositi, vogliono capire di noi e noi di loro. Abbiamo sempre trovato un bellissimo clima. La Calabria è un posto che bisogna attraversare almeno una volta l’anno».

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