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La squadra di Catanzaro

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CATANZARO – «Adesso basta! Ora servirebbero responsabilità e buonsenso, e non propaganda e falsità. Con i titoloni sul “presunto” attacco razzista di un nostro cestista, si stanno superando i limiti della pazienza».  Dopo le polemiche e le accuse di razzismo per la partita di basket tra l’Under 18 del CUS Bari e la Mastria Vending Virtus di Catanzaro (LEGGI LA NOTIZIA), arriva la dura reazione della società pugliese attraverso Donato Ravelli, responsabile della sezione basket Cus Bari – che, l’episodio «è avvenuto a pochi secondi dalla fine della partita e non durante tutto lo svolgimento della stessa».

La società di Bari sottolinea ancora che «al momento dell’accaduto il giocatore responsabile dell’offesa è stato fatto uscire immediatamente dal campo, richiamato dal nostro staff tecnico, e successivamente sospeso dalle attività agonistiche dalla nostra società. L’offesa deprecabile e ingiustificabile è stata una risposta sbagliatissima alle provocazioni e minacce di tesserati della Virtus Catanzaro, già innervositi per l’epilogo della gara che volgeva al termine».

LE REAZIONI PER L’ACCADUTO

 

Partono, dunque, le contro accuse da parte del Cus Bari, secondo il quale «alcuni tesserati del Catanzaro sostavano al termine della gara nel tunnel degli spogliatoi per cercare il contatto con nostri atleti assolutamente estranei a tutto l’accaduto. Solo l’intervento dello staff biancorosso permetteva che i ragazzi raggiungessero gli spogliatoi».

La società ha tenuto a precisare che «avendo già punito il responsabile con l’esclusione dalle prossime gare di campionato, il Centro Universitario Sportivo prende le distanze da ogni forma di razzismo, ricordando che nella struttura convivono fraternamente, atleti di differenti nazionalità, culture e religioni. Riteniamo esagerati i continui interventi mediatici, e addirittura politici con interminabili indignazioni on line, e sugli organi di informazione. Ci chiediamo se tutti questi continui ed esasperati attacchi siano davvero necessari ai fini della crescita e dell’ammonimento già avvenuto dell’atleta o siano solo – prosegue la nota – abili strategie mediatiche e politiche per distrarre l’attenzione, dalla mera attività sportiva. Le tecniche di manipolazione psicologica sociale purtroppo sono assai diffuse, e siamo dispiaciuti che vengano attuate in un’ambiente sportivo come il nostro, in cui non è mai esistita ribadisco, alcuna forma di razzismo».

Da qui le conclusioni di Ravelli: «Ci scusiamo ancora una volta per l’accaduto, che non fa onore all’atleta rappresentante sportivo della nostra società sul parquet che ci ha ospitati, ma l’invito è a non esasperare una situazione con interventi politici, che con lo sport non hanno nulla a che fare. Invitiamo quindi tutti al buon senso e alla responsabilità».

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