Una corsia d'ospedale
3 minuti per la letturaCOSENZA – Preoccupa l’approssimazione gestionale e programmatoria dell’Asp di Cosenza, la più grande della Calabria che serve il 40% della popolazione. Da mesi al centro di scelte approssimative o “non scelte” che procurano disservizi ed espongono la Regione ad ulteriori contenziosi.
Dopo le polemiche sull’ospedale Spoke Paola-Cetraro, questa volta a finire nella bufera è una delibera che riorganizza l’assistenza territoriale, quella – per intenderci – che dovrebbe far evitare la congestione per “codici bianchi” al Pronto soccorso dell’Annunziata. A non convincere è anche l’atto aziendale che rischia di essere censurato dal Tavolo di Verifica ministeriale perché non solo non rispetta i criteri del DL 70/2015, addirittura taglia alcune unità operative prevedendone altre, alcune prive di utilità e autoreferenziali.
Ma veniamo alla polemica delle ultime ore, riportata integralmente in un articolo pubblicato sull’edizione cartacea del Quotidiano di oggi, che riguardano, come dicevamo, la riorganizzazione dell’assistenza territoriale, articolata in 19 diverse tipologie di prestazioni erogate da struttura pubbliche e in buona parte a gestione private (gli immobili sono in massima parte dell’Asp o dei Comuni).
Dopo aver decretato, inspiegabilmente, l’Asp ha ritirato il decreto in autotutela, esponendo l’ente a nuovi ricorsi giudiziari. Il sospetto, come sostiene la Deputata del M5S Dalila Nesci, è che dietro questo dietrofront possano esserci interessi politici di imprenditori rimasti fuori dalla programmazione o non accettano la riprogrammazione. Per capire cose è accaduto, bisogna fare un passo indietro. Ad oggi il Dca 76/2015 è l’atto di riferimento che ridisegna la tipologia di strutture, le prestazioni e gli indici di fabbisogno. Criteri ribaditi nel Dca 81/2016. Le Asp, su input della Regione e della Struttura commissariale hanno stabilito e condiviso un percorso per riorganizzare i servizi e l’offerta attraverso la proposta di riconversioni e rimodulazioni dell’offerta di chi già è autorizzato, accreditato e contrattualizzato. Il 21 luglio scorso l’Asp di Cosenza emana una delibera n. 1244 e il giorno dopo la Regione e la struttura commissariale la fa propria con il Dca 77/2016. Atti che arrivano dopo un lungo iter procedurale, durato un anno, nel corso del quale sono state convocate tutte le associazioni rappresentative come Uneba, Agidae, Aiop e Anaste.
Dopo la pausa estiva (per l’Asp), siamo a giorni scorsi, viene pubblicata la delibera n. 1384 del 28/08/2016 che revoca parzialmente della delibera n. 1244/2016, prevedendo la conferma del fabbisogno individuato nella delibera n. 1244/2016 e la totale eliminazione dei posti letto / prestazioni assegnate in riconversione alle strutture erogatrici , in attesa di ricevere appositi e specifici criteri dalla Struttura Commissariale e dal Dipartimento Tutela della Salute. Un bluff visto che con il Dca sia la Regione che i Commissari avevano seguito l’iter e condiviso il percorso.
Le polemiche, a questo punto sono più sui nomi degli imprenditori coinvolti e non sul merito dei servizi erogati. Il primo gruppo che viene preso di mira è IGreco, titolari di tre cliniche a Cosenza e della gestione di una Rsa a Caloveto. IGreco chiedono il trasferimento dei posti letto a Cosenza attraverso un accordo transattivo che prevede la restituzione degli arredi; poi ci sono, Anmic (San Giovanni in Fiore), Anmi Siss (Rossano), Villa San Pio (Dipignano) la Rsa per anziani “Villa San Francesco” (Roggiano),Villa Adelchi (Longobardi) e Aias (Cetraro). A queste strutture, già accreditate e contrattualizzate da anni, la Regione obbliga la rimodulazione dell’accreditamento al fine di poter erogare prestazioni compatibili con la programmazione sanitaria regionale (Dca 76/2015). Le rimodulazioni – precisiamo – non prevedono ulteriori costi ma sono a saldo invariato.
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