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Don Ennio Stamile

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All’uscita di un ristorante di Cetraro ha trovato un capretto morto legato alla sua automobile

CETRARO (COSENZA) – Persone non identificate hanno messo in atto un’intimidazione ai danni di don Ennio Stamile, coordinatore per la Calabria di Libera. Mentre il sacerdote cenava in un ristorante di Cetraro, un centro dell’alto Tirreno cosentino, qualcuno ha legato allo specchietto retrovisore esterno della sua automobile un sacco del tipo usato per la spazzatura contenente la carcassa di un capretto.

A cena con don Ennio, insieme ad alcuni scout, c’era il sindaco di Cetraro, Angelo Aita. Sono stati subito avvertiti i carabinieri, che sono giunti sul posto ed hanno sequestrato la carcassa del capretto.

Don Ennio Stamile, ai militari, secondo quanto si é appreso, ha detto di non sapersi spiegare i motivi dell’intimidazione. Le indagini avviate dai militari, riguarda il movente dell’intimidazione, non escludono alcuna ipotesi.

LE REAZIONI. «Mi auguro che i responsabili di questo ennesimo, vile atto intimidatorio siano al più presto individuati e consegnati all’autorità giudiziaria – ha detto il presidente della Regione Calabria Mario Oliverio – il lavoro di responsabilizzazione e sensibilizzazione che don Ennio e Libera stanno svolgendo a Cetraro, sul Tirreno cosentino e in tutta la Calabria, è importante e prezioso. Nei prossimi giorni incontrerò don Ennio per concordare, insieme a lui, iniziative e azioni a sostegno della sua opera e di quanti sono al suo fianco e collaborano con lui. Le popolazioni di Cetraro e dell’intero comprensorio non possono essere lasciate da sole a combattere un nemico subdolo che, attraverso azioni violente e criminali, vorrebbe far ripiombare queste comunità nella paura e nel terrore».

«Don Ennio Stamile non è solo un prete coraggioso, ma è anche uno straordinario esempio per i giovani. A lui vanno i nostri più sinceri sentimenti di solidarietà per la grave intimidazione subita – hanno detto i deputati di Forza Italia Roberto Occhiuto e Jole Santelli – si tratta di un atto vile e infame, che tutta la comunità calabrese deve respingere con la fermezza della verità e non con la menzogna della retorica».

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