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Un'aula di tribunale

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COSENZA – Usura, estorsioni, affari interni al clan e, soprattutto, rapporti con la politica. C’è questo e altro nelle dichiarazioni rese agli inquirenti dal pentito Luciano Impieri, uno degli ultimi disertori della cosca Rango-Zingari che da alcuni mesi collabora con la giustizia.

In un interrogatorio del 12 maggio 2018, il neopentito ha rivelato al pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Camillo Falvo, diversi particolari inediti che potrebbero far luce sulle attività criminali del suo ex gruppo e non solo. Prima di cambiar vita, infatti, un Impieri contrario alla linea dettata dal suo capo del momento, Maurizio Rango, si sarebbe allontanato dal clan di appartenenza per avvicinarsi agli “italiani” di Ettore Lanzino.

Quest’ultima consorteria, nel periodo della sua breve militanza, sarebbe stata guidata da Francesco Patitucci e Roberto Porcaro in rappresentanza del boss ergastolano e attraversata da dinamiche turbolente.

«A partire da giugno del 2017 – spiega Impieri al magistrato – Patitucci e Porcaro sospesero i pagamenti degli stipendi da mille euro ai membri dell’organizzazione». Una decisione alla quale lui stesso non associa una spiegazione – «Un capriccio», ritiene – ma che è indicata come sintomo dei malumori che, in seguito, lo spingeranno tra la braccia della giustizia. Decisiva, in tal senso, risulterà anche la perdita un suo personale gruzzolo – cinquantamila euro – affidato a un componente del gruppo mentre lui era in carcere e mai più ritornato al legittimo proprietario. In tal senso, Impieri afferma di aver pianificato anche l’omicidio del responsabile della sparizione di quel denaro, un progetto disinnescato poi dalla scelta di intraprendere la via della collaborazione.

«È vivo per miracolo – sottolinea minaccioso – e deve ringraziare alla mia famiglia che mi ha spinto a prendere la decisione di collaborare, se no era un ragazzo già segnato». Un accenno va anche ai soldi che sostiene di aver investito in usura insieme ad alcuni complici dei quali indica i nomi prima che, a metà interrogatorio, Falvo legga un appunto che il pentito gli ha fatto pervenire in precedenza e nel quale dichiara di poter riferire su circostanze che riguardano le elezioni di Castrolibero e Cosenza.

«Ne parliamo più avanti» commenta il pubblico ministero della Dda, ma il verbale si chiude poi senza fare accenno alla questione, del tutto inedita almeno nella parte che riguarda la città dei Bruzi. È verosimile che la trattazione dell’argomento – già affrontata in precedenza con altri pentiti come Adolfo Foggetti – sia stata rimandata a un altro colloquio investigativo ancora coperto da segreto istruttorio.

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